Qui Roma – Israele e noi
Israele, il sionismo, l’aliyah. È in crescita il numero di ebrei italiani che decide di trasferirsi in Israele. Per quale motivo? Cosa è cambiato rispetto al passato? E cosa trova oggi un ebreo italiano nella “Terra stillante latte e miele”? Se ne è parlato ieri sera al Centro Bibliografico dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane alla tavola rotonda Israele e noi, secondo appuntamento della nuova stagione del ciclo di incontri a cura di Ilana Bahbout e Sira Fatucci “Quale identità ebraica – Generazioni a confronto”. A parlarne Vito Anav, presidente Irgun Olei Italia; Claudia De Benedetti, presidente dell’Agenzia Ebraica in Italia, e Ariela Piattelli, giornalista. Moderatore dell’incontro Alan Naccache, coordinatore del dipartimento Educazione e Cultura UCEI. Hanno partecipato il Dipartimento educativo ufficio giovani della Comunità ebraica di Roma e le associazioni giovanili Hashomer Hatzair e Benè Akiva.
Nell’esaminare il numero di persone che negli ultimi anni hanno fatto l’aliyah in Israele grazie a un rilevamento statistico fornito dal professor Sergio Della Pergola, demografo dell’Università ebraica di Gerusalemme, si nota che il 2012 ha registrato un considerevole incremento di flussi. Sono tanti infatti i giovani che, terminati gli studi liceali, decidono di fare in Israele l’anno di Hachsharah. Molti di essi rimarranno in Israele per sempre. Durante la serata, ricca di stimoli e occasioni di riflessione, Claudia De Benedetti e Vito Anav hanno preso un impegno a nome delle organizzazioni che rappresentano: collaboreranno per rendere più acessibili i costi relativi alle Hachsharot, i programmi pre-universitari proposti dall’Hashomer Hatzair e dal Benè Akiva. “Sono programmi con particolare valore formativo e ideologico per un giovane che si avvicina alla realtà israeliana e per questo è importante che la Sochnut Italia e l’Irgun Olei Italia – hanno affermato congiuntamente – si facciano carico di questo problema”.
Lucilla Efrati twitter @lefratimoked
(15 febbraio 2013)