Israele si prepara alla visita di Obama

È un puzzle estremamente complicato quello che va componendosi in queste ore in Israele con l’insediamento del nuovo governo Netanyahu e con la storica visita di Obama che si candida ad essere spartiacque decisivo per la pace e per il futuro del Medio Oriente. Questo pomeriggio alla Knesset (ore 15 locali, ore 14 italiane) prende il via l’esperienza del governo dalle larghe intese varato dal leader del Likud dopo sei settimane di mediazione. Ventidue i ministri che giureranno nell’aula. Sette del Likud (Moshe Ya’alon, Difesa; Yisrael Katz, Trasporti; Yuval Steinitz, Relazioni Internazionali; Silvan Shalom, Energia e Sviluppo regionale, di Negev e Galilea; Gilad Erdan, Sicurezza interna e Comunicazione; Gideon Sa’ar, Interni; Limor Livnat, Cultura e Sport), tre di Beitenu in attesa dell’eventuale proscioglimento di Avigdor Liberman (Yitzhak Aharonovitch, Pubblica Sicurezza; Yair Shamir, Agricoltura; Sofa Landver, Immigrazione), cinque di Yesh Atid (Yair Lapid, Finanze; rav Shai Piron, Educazione; Yael German, Sanità; Meir Cohen, Welfare; Yaakov Peri, Scienza e Tecnologia), tre di Habayit Hayehudi (Naftali Bennett, Commercio e Affari Religiosi; Uri Ariel, Abitazione; Uri Orbach, Anziani) e due di Hatnua (Tzipi Livni, Giustizia e Amir Peretz, Ambiente). Obama arriva mercoledì a Gerusalemme consapevole delle tante sfide in gioco. Minacce esterne a partire dalla frenetica corsa iraniana al nucleare. Ma anche un’amicizia tra i due paesi meno salda rispetto al recente passato. Un sondaggio pubblicato nelle ultime ore sembra confermare questo trend. Realizzato da ABC News e Washington Post, lo studio evidenzia una forte disaffezione nell’opinione pubblica statunitense sui temi mediorientali. Quasi sette americani su dieci sarebbero infatti favorevoli a un disimpegno a beneficio di una risoluzione del conflitto delegata esclusivamente alle parti in causa. Dal 2002 la forbice in questo senso è aumentata di ben 27 punti percentuali. Numeri che fanno riflettere anche se resta significativo il consenso diffuso per Israele (lo proverebbe il 55% degli intervistati contro il 9% di chi dice di “parteggiare” per l’autorità palestinese). Altro elemento di cui tener conto: per il 34% degli intervistati l’amministrazione Obama avrebbe esercitato insufficienti pressioni su Abu Mazen a fronte di un 38% che invece ritiene sia stata applicata “la giusta dose”. Per quanto riguarda Israele il 41% degli americani valuta la pressione per il negoziato “adeguata” contro un 17% che ne condanna con forza gli eccessi. Una lettura condivisa soprattutto nella fascia over 65 mentre è nei giovani che il sostegno tende gradualmente ad affievolirsi.

a.s

(18 marzo 2013)