Chametz, allontaniamolo da noi e dalla Casa di Israele
Pesach è un’opportunità unica: tutti siamo chiamati ad aprire le nostre porte perché nessuno deve rimanere fuori dalla Casa d’Israele. In questo giorno l’Angelo della morte passa oltre (pasàch) le case degli ebrei e vedendo la mezuzà, simbolo dell’identità ebraica, dichiara che questa casa potrà continuare ad essere ebraica.
E’ il dialogo tra le generazioni che prevale in questa occasione: sapremo noi consegnare il testimone ai nostri figli perché a loro volta siano in grado di fare altrettanto con i loro? Sapremo vincere le sfide che attendono oggi il popolo ebraico e in particolare la Casa ebraica in Italia, senza lasciarci distrarre dalle tante sollecitazioni esterne? Riusciremo a superare le polemiche che hanno accompagnato in questi ultimi tempi la/le Comunità e hanno fortemente minato i rapporti tra i leader stessi delle Comunità?
Il successo di questo processo di recupero dell’unità, sarà tuttavia possibile a una condizione: l’eliminazione di comportamenti e atteggiamenti violenti (chametz = hamas) dalla vita individuale e da quella comunitaria a tutti i livelli. Questo successo quindi passa innanzitutto attraverso ognuno di noi e anche la più piccola parte di chametz renderebbe la Casa d’Israele inidonea ad affrontare con serenità e certezze il futuro.
Se ognuno saprà trattenere la propria mazzà dal divenire chametz, avremo fatto un passo importante per creare una comunità in cui ognuno – anche chi oggi se ne è allontanato – possa tornare a trovare il suo posto.
Con l’augurio che questo possa essere un Pesach kasher e sameach, privo di chametz e pieno di quella matzah che può unirci tutti e renderci felici.
rav Scialom Bahbout, rabbino capo di Napoli
(22 marzo 2013)