Obama in Israele: equilibro e fermezza
Continua la visita del presidente Obama, che questa mattina si è recato a Yad Vashem, accompagnato dal Presidente Shimon Peres, dal premier Benyamin Netanyahu e da rav Israel Meir Lau, rabbino capo askenazita fino al 2003. Chiare le sue parole: “Anche se venissi qua mille volte, il mio cuore si spezzerebbe sempre”. Grande eco ha avuto anche il suo discorso di ieri, pronunciato fra gli applausi scroscianti dei numerosissimi studenti che sono accorsi al Centro Congressi di Gerusalemme nonostante il discorso fosse trasmesso in diretta televisiva. Le sue parole hanno mostrato attenzione ai problemi della sicurezza, cui è riuscito a dare un volto umano citando la preoccupazione di un bambino incontrato il giorno prima, che gli ha raccontato la paura che un missile possa colpire la sua casa, e ha ribadito con forza che l’America sosterrà il diritto di Israele a difendersi, parlando anche degli israeliani come di “un popolo che ha la memoria viva dell’Olocausto, e ora fronteggia un governo iraniano che vuole l’atomica e invoca la vostra distruzione: un pericolo per il mondo intero”. Ha sostenuto poi che “la vera sicurezza si conquista solo con la pace” e si è rivolto soprattutto ai giovani, cui ha diretto un chiaro appello: “Giovani d’Israele, ora tocca a voi scrivere la prossima pagina della vostra Storia, scegliete la pace con i palestinesi”. Il suo discorso, in cui ha ripreso i toni e l’ampiezza di argomenti dei suoi interventi più storici, pare aver saputo vincere le diffidenze suscitate durante il primo mandato, percepito come troppo filo arabo, soprattutto grazie all’apprezzamento, evidente nel calore con cui ha ricordato le grandi capacità scientifiche, culturali e tecnologiche israeliane: “Solo qui possiamo vedere i Manoscritti del Mar Morto e le tecnologie della sonda spaziale su Marte, siete il paese di 10 premi Nobel”. È poi tornato a parlare ai giovani, a cui si è rivolto a più riprese: “Da politico vi assicuro che i politici non prendono rischi se non è il popolo a pretenderlo. Voi dovete creare quel cambiamento che volete veder realizzato. Al tramonto della generazione dei padri fondatori d’Israele, voi giovani dovete prendervi il vostro futuro”. Non ha fatto alcuna concessione, dicendo chiaramente che “Non è giusto quando la violenza dei vostri coloni resta impunita. Così come voi israeliani avete costruito uno Stato nella vostra terra natale, i palestinesi hanno il diritto ad essere un popolo libero nella loro terra» ed ha saputo colpire il cuore dei presenti citando Ariel Sharon, ammonendo che ostinandosi a occupare i territori palestinesi “Israele rischia di perdere la sua stessa democrazia”. E quello pronunciato al mattino a Ramallah, sede dell’autorità palestinese, davanti al presidente Mahmoud Abbas, era stato un discorso parallelo, in cui aveva elogiato le proteste non violente e esortato Abbas a riprendere al più presto dei negoziati diretti. La sua visita ai palestinesi non ha avuto la stessa partecipazione e nonostante sia stato considerato il presidente più filo-arabo della storia, ha incontrato più diffidenze proprio su quel fronte, dove sembra che quelle primavere che aveva sostenuto, non gli abbiano reso il compito più facile.
Ada Treves – twitter @atrevesmoked
(22 marzo 2013)