…Israele

A 65 anni si va in pensione, o per lo meno un tempo ci si andava. L’altroieri Israele ha compiuto 65 anni e non solo non va in pensione ma, anzi, giorno dopo giorno costruisce il suo futuro. Superati gli otto milioni, la sua popolazione raggiunge un paese ben impiantato come la Svizzera. Non più, ma anche non meno della Svizzera, Israele è una realtà stabile e irreversibile. Farebbero bene a convincersene coloro – e sono molti anche in Italia, soprattutto mediocri nemici ma anche qualche buon amico – che ancora oggi non riescono a digerire l’esistenza d’Israele, o nutrono qualche dubbio in proposito, o fanno finta che Israele non esista. Nel 1948, insieme ad Israele, sono divenuti indipendenti altri quattro paesi – Corea del Sud, Corea del Nord, Myanmar (Birmania) e Sri Lanka (Ceylon) – tutti come Israele inizialmente poveri, reduci da tragiche guerre e dure esperienze di occupazione coloniale, e lacerati da conflitti politici, etnici, o religiosi. Sessantacinque anni dopo, nella graduatoria mondiale ONU dello sviluppo umano, Israele sta al 17esimo posto. La Corea del Sud è al 15esimo, Sri Lanka al 97esimo, Myanmar al 149esimo, la Corea del Nord è inclassificabile, paese nucleare, affamato e malato. La Svizzera è all’11esimo posto, l’Italia al 24esimo. Israele piazza tre università fra le migliori 200 del mondo, la Svizzera sette, la Corea del Sud quattro, l’Italia nessuna. Con la Svizzera al vertice, e la Corea del Sud al secondo posto, Israele compete fra i primi dieci paesi al mondo per numero di brevetti in relazione agli abitanti. Ma molto più degli indicatori economici e sociali conta il fatto che Israele da 65 anni offre un’opportunità ideale sempre disponibile per chi la desideri. E continuerà a offrirla, con l’apporto attivo di coloro che la vorranno.

Sergio Della Pergola, Università Ebraica di Gerusalemme

(18 aprile 2013)