Israele – Il valore della convivenza

JCall prosegue il suo viaggio nel cuore palestinese di Israele. A introdurre la parte del viaggio dedicata alla condizione dei cittadini arabi israeliani è una lunga escursione lungo la linea verde al confine nord-ovest della Cisgoridania, fra la Wadi Ara e la valle di Dotan. Sotto la sapiente guida di Lydia Aisenberg (ebrea gallese residente da quaranta anni nel kibbutz Givat Haviva, giornalista e attivista per la pace) i visitatori, insieme a una magistrale lezione di storia e di geografia politica, hanno avuto l’occasione di vivere un’esperienza ricca di umanità, “indimenticabile”, come commenta un membro della sezione francese di JCall. Dalla collina di Harash, alle porte della valle di Dotan, un solo sguardo riesce a carpire l’intera estensione di Israele, dal Mediterraneo ai Territori palestinesi. Quel piccolo lembo di terra che si estende fra Natanya e Tulkarem, 15 km – “mio figlio li fa di corsa prima di colazione”, nota qualcuno – è di grande interesse soprattutto per la composizione della popolazione che lo abita: si tratta infatti di un crogiolo in cui convivono immigrati delle più varie provenienze, dall’Etiopia all’India all’ex Unione Sovietica, kibbutznikim religiosi e laici e soprattutto villaggi arabi.
Il Centro arabo-ebraico di Givat Haviva, fondato nel 1949 dall’Hashomer Hatzair, porta avanti ricerche e programmi sociali volti alla promozione della cooperazione fra le varie etnie presenti nella zona. “Certo sono importanti valori come il dialogo e il rispetto, ma il lavoro condiviso è una base indispensabile per la costruzione di una convivenza pacifica”, spiega il direttore del Centro Ryad Kabbah. Durante una lunga conversazione sulla situazione dei palestinesi israeliani Kabbah accenna a un tema ben noto ai suoi interlocutori ebrei europei: quello della doppia identità, o, in certi casi, doppia fedeltà. “Il nostro popolo vive un conflitto con il nostro Stato”. “Nessuno degli arabi israeliani che abbiamo incontrato – nota David Chemla, il leader di JCall – nutre dubbi sul fatto che vuole continuare a vivere in Israele come suo cittadino, anche uno volta che esisterà uno Stato palestinese indipendente. E tuttavia la conflittualità che abbiamo toccato con mano in questi luoghi indica chiaramente che la necessità di confini definiti non è più rimandabile”. È poi nel corso della serata, in un villaggio vicino alla città di Nazareth, che alcuni membri del gruppo italiano, invitati al desco di una famiglia locale, hanno occasione di fare conoscenza diretta di quella realtà.
Il giorno seguente la comitiva di JCall si sposta verso sud per addentrarsi nei Territori sotto il controllo dell’Autorità nazionale palestinese. I due autobus non hanno vita facile alle frontiere, ma nonostante alcuni ritardi e contrattempi riescono a raggiungere la città di Ramallah, dove hanno luogo incontri con rappresentanti politici palestinesi e la visita del centro culturale intitolato al poeta Mahmoud Darwish, e nel pomeriggio Betlemme e i campi di rifugiati circostanti.

Manuel Disegni

(1 maggio 2013)