Oltremare – Quarto: l’ombra del semaforo
“Bevi molta acqua”, ammonimento che dai primi giorni in Israele ho sentito di continuo – persino strano che non sia stato incluso nei Comandamenti, o perlomeno in una delle molteplici liste di regole e indicazioni all’uso della vita e della Terra d’Israele che certo non ci mancano. Tant’è. Noi donne comunque ci abituiamo presto alla scelta della borsetta in base alla capienza: mezzo litro almeno d’acqua ci deve stare, sì, meglio anche per la sera. Gli uomini non so, si regolano diversamente oppure per machismo rischiano ogni giorno la disidratazione.
Quello che invece nessuno mi ha insegnato, ma ho prontamente imparato per imitazione o meglio per osmosi, è il trucco del semaforo. Nell’attraversare di giorno una qualsiasi strada, specie se a più corsie, molto probabilmente la maggior parte del percorso è in pieno sole. Che in Israele significa, per molti mesi: 30/35 gradi centigradi calcolati all’ombra, più i 10/15 di differenza al sole, più l’effetto riscaldante dell’asfalto, più i gas di scarico (caldi anche quelli) delle automobili in moto e di quelle ferme al semaforo. Non oso tentare una somma. Dunque, poter stare anche parzialmente all’ombra mentre si aspettano lunghi secondi di passaggio dal rosso al verde, ha il suo senso. Anche solo con la testa, che come si impara qui traspira la maggior parte dell’acqua che il corpo perde durante il giorno. Ecco allora che l’ombra sottile del semaforo, di un palo della luce, o (magari!) di un cartellone pubblicitario, si trasformano in microscopiche oasi di riparo temporaneo dalla canicola estiva.
Per lo stesso principio, in Israele si vedono spesso persone che aspettano l’autobus non alla fermata, ma dietro o di lato, formando brevi file compatte e ordinate che non seguono l’ordine di arrivo o l’età, ma quel po’ di ombra squadrata proiettata dalla fermata stessa. E mi sembrano bambini che vogliono fare uno scherzo alla maestra e si acquattano dietro a un muretto per poi uscire tutti insieme “Cu-Cù”! Invece chi arriva è l’autobus, e tutti salgono accalcandosi per pagare il biglietto all’autista, e godersi l’escursione termica di venti gradi in meno, dall’estate bollente all’aria condizionata che gela il sudore e il cervello in ugual misura.
Daniela Fubini, Tel Aviv – Twitter @d_fubini
(27 maggio 2013)