Tel Aviv, dalla Parade allo stadio

Cartolina da Tel Aviv, 1. Venerdì scorso, cielo terso e brezza piacevole, umidità più tollerabile del solito. Decine di migliaia di persone da tutto il mondo convengono in occasione della Tel Aviv pride parade, la festa dell’orgoglio omosessuale, bisessuale e trangender che si ripete con cadenza annuale in molte città del mondo. Sfilata dei carri lungo il viale Ben Yehuda e poi concerto sulla spiaggia con migliaia di giovani innamorati e scatenati, giusto sotto la scalinata dell’hotel Marina. Un colpo d’occhio straordinario. In mezzo a drag-queen, cantanti che urlano nel microfono, personaggi dello spettacolo, ecco sbucare sul palco un ragazzo vestito da ultra-ortodosso, con tanto di barba lunga, peot, frange del talled. E come se niente fosse parla per un po’ al microfono osannato dalla folla, senza peraltro che le mie scarse nozioni di ebraico mi consentano di coglierne il significato. Un’immagine abbastanza incredibile. Morale: la realtà é sempre molto più complessa di come la raccontiamo. Cartolina da Tel Aviv, 2. Sabato sera mi reco con grande curiosità allo stadio di Giaffa (14 mila posti) per vedere la partita di calcio tra Israele e Italia under 21. Posti a bordo campo, caldo in questo caso veramente insopportabile, clima festoso e pieno di famiglie. Sul campo non c’é storia: l’Italia gioca bene e organizzata, gli israeliani corrono tanto ma giocano male. Risultato: 4-0. La cosa più interessante é che risuona dentro di me una domanda rivoltami decine di volte nella vita, soprattutto sui banchi di scuola: “Chi tiferesti tra Italia e Israele?”. Sgombriamo il campo dai pregiudizi antisemiti e dall’accusa di “doppia lealtà”. La questione rimane, e rimanda alla nostra identita multipla. Ed è strano perché quando si è all’estero ci si sente ancor più italiani di quando si sta a casa. Morale, con una barzelletta: un ebreo romeno sogna tutta la vita di trasferirsi in Israele. Quando realizza il suo desiderio prospera in Israele e costruisce una grande famiglia. Ormai sul punto di morire, circondato dall’affetto dei suoi cari, esprime un’ultima richiesta: “Riportatemi in Romania”. Increduli, i figli gli chiedono spiegazioni. “Voglio morire da ebreo, non da romeno”.

Tobia Zevi, Associazione Hans Jonas twitter @tobiazevi

(11 giugno 2013)