Israele – Verso la riforma del sistema matrimoniale

Parallelamente al confronto per l’elezione dei nuovi rabbini capo ashkenazita e sefardita, è profondo in Israele il dibattito circa il ruolo del Rabbinato centrale come istituzione e il suo rapporto con la società israeliana. Particolarmente sentito il tema del sistema matrimoniale. In discussione alla Knesset un progetto di riforma per permettere ai cittadini di religione ebraica di scegliere dove registrare le proprie nozze indipendentemente dal luogo di residenza.

Abolizione dell’obbligo di registrare il proprio matrimonio nel territorio di residenza e riduzione del numero di Consigli rabbinici locali da 133 a 80. Sono alcuni dei capisaldi della proposta di legge denominata Tzohar, che ha lo scopo di riformare il sistema matrimoniale israeliano, sempre più inefficiente e inviso ai cittadini. Nel 2010, 9mila 300 coppie israeliane sui 36 mila matrimoni hanno scelto di sposarsi all’estero. È con questi numeri che rav David Stav, a capo dell’organizzazione rabbinica Modern Orthodox Tzohar, che dal 1996 si batte per offrire un’alternativa rabbinica più vicina alle esigenze dei cittadini, ha lanciato la sua candidatura al posto di rabbino capo ashkenazita, denunciando i problemi, e la scarsa sensibilità che troppo spesso dimostrano i funzionari del Rabbinato centrale nei confronti delle coppie, e in particolare di coloro che sono immigrati in Israele dall’Ex-Urss oppure dall’Etiopia, e che più difficilmente possono fornire prove documentali della propria appartenenza all’ebraismo, ma anche nei confronti di coloro che all’ebraismo si sono formalmente convertiti, non accettando spesso i funzionari i ghiurim realizzati dallo stesso Rabbinato centrale. Una situazione senz’altro acuita dalla mancanza dell’istituto del matrimonio civile, ma anche dal sostanziale monopolio di ogni Consiglio rabbinico locale cui i residenti di ogni territorio sono obbligati a rivolgersi. Problemi messi in luce anche da un duro rapporto del Controllore di Stato israeliano, che racconta di burocrazia fredda e inefficiente (per esempio, la legge prevede che le coppie possano registrare la domanda di matrimonio non prima di 90 giorni dalla data delle nozze, ma le lungaggini delle pratiche necessarie possono ampiamente sforare questo tempo, costringendoli a posticiparle) quando non di vere e proprie violazioni, come la non rara richiesta di denaro per le cerimonie che invece i rabbini impiegati dal Rabbinato centrale hanno l’obbligo di celebrare gratuitamente. Da qui l’impegno per trasformare la registrazione in un sistema nazionale, così da consentire alle coppie la scelta dell’ufficio e del rabbino a cui rivolgersi, e creare una concorrenza che porti a un generale miglioramento della situazione, assunto dal nuovo ministro degli Affari religiosi Naftali Bennett e del suo vice Eli Ben Dahan, sostenendo una proposta originariamente formulata da Otniel Schneller di Kadima, Faina Kirshenbaum di Yisrael Beytenu e Zeev Elkin del Likud. Una riforma che si propone dunque di mantenere il controllo del Rabbinato centrale sul sistema matrimoniale, ma che, se approvata, consentirà alle 37 mila coppie che ogni hanno si sposano in Israele di scegliere il volto del Rabbinato che preferiscono.

Pagine Ebraiche giugno 2013

(16 giugno 2013)