Periscopio – Guide, non propagandisti

Nel mio articoletto pubblicato due settimane fa, mercoledì 19 giugno, ho avuto modo di commentare le osservazioni di Sergio Minerbi, relative all’influenza decisamente negativa sulle relazioni israelo-palestinesi che svolgerebbero le istituzioni ecclesiastiche presenti sul territorio. La tesi di Minerbi, nell’essenza, sarebbe che, mentre, a livello di vertice, i rappresentanti della Santa Sede e dello Stato di Israele perderebbero tempo in un dialogo teologico sostanzialmente inutile, ci si sarebbe ormai abituati allo spettacolo di un clero, in Israele e in Palestina, sistematicamente impegnato in una costante opera di criminalizzazione dello Stato d’Israele, cosicché l’apparente ‘normalizzazione’ a livello teologico sarebbe pagata, in realtà, con l’accettazione tacita di una continua ostilità (non verso gli ebrei nel loro complesso ma) verso lo Stato ebraico.
Scrissi, il 19 giugno, che Minerbi, purtroppo, ha ragione. Alle considerazioni allora espresse vorrei solo aggiungere una piccola postilla, ossia la presa d’atto di come a tale ostilità contribuisca attivamente la potente macchina dei pellegrinaggi religiosi in Terra Santa, le cui guide, con rare eccezioni, appaiono scientificamente impegnate in una capillare attività di propaganda anti-israeliana, nella quale i torti e le ragioni tra le due parti appaiono divisi con elementare semplicità: tutto il bene di qua, tutto il male di là.
Certo, è difficile, su questo terreno, ottenere statistiche precise, ma basta chiedere a chiunque abbia partecipato a uno dei pellegrinaggi religiosi per avere un quadro della situazione: la visita al “muro” di divisione, per esempio, è diventata una delle tappe obbligatorie del viaggio, e le guide illustrano minuziosamente le innumerevoli privazioni e sofferenze che da esso deriverebbe alla popolazione civile, nell’assoluto silenzio sulle ragioni che ne hanno imposto la costruzione. Ma gli esempi sarebbero innumerevoli.
Ma anche Israele, si dirà, ha le sue organizzazioni turistiche, e magari anche le guide israeliane daranno una rappresentazione non imparziale delle cose. Ribadendo la difficoltà di formulare statistiche precise, posso, però, al riguardo – avendo conosciuto di persona molte guide israeliane -, affermare con decisione (oltre all’ammirazione per la loro grande competenza e professionalità) quello che mi pare un dato di fatto: non fanno propaganda. Ognuno di loro ha le proprie idee, e, quando capita, le possono comunicare, ascoltando il parere delle persone a loro affidate. Ma non hanno nessuna missione ‘educatrice’, non vogliono inculcare negli ‘scolari’ le loro convinzioni, ma semplicemente aiutarli a comprendere la realtà e la complessità di una terra di così grande bellezza. Come ogni bravo ‘maestro’ dovrebbe fare.

Francesco Lucrezi, storico