Israele – Rabbinato, il tempo delle scelte

Alla fine c’è voluta un’ingiunzione della Corte suprema israeliana al governo per evitare un ulteriore slittamento delle elezioni dei nuovi rabbini capo ashkenazita e sefardita. Già posticipate rispetto alla scadenza naturale del mandato di rav Yona Metzger e rav Shlomo Amar lo scorso marzo a causa della concomitanza con la nascita del nuovo esecutivo, la corsa alle nomine si è fatta così politicamente ingarbugliata che continuare a rimandare pareva la via più semplice per cercare di cucire le alleanze necessarie ed evitare strappi. Rimandare però non era più possibile, e non soltanto per la decisione dei giudici. A rendere urgente il rinnovo soprattutto la necessità di far uscire il rabbinato, come istituzione, da un angolo stretto tra vicende politiche e rapporti tormentati. Senza contare l’impatto delle vicende giudiziarie che hanno coinvolto rav Metzger. Così all’inizio di giugno le elezioni sono state fissate, secondo quanto ha riferito il Jerusalem Post, per l’ultima settimana di luglio. Una decisione che ha scritto definitivamente la parola fine sui vari progetti di modifica della Chief Rabbinate Law, la legge fondamentale che stabilisce requisiti e procedure da seguire nelle nomine, in realtà già precedentemente affossati da veti incrociati e alleanze tradite. A ritirare il proprio appoggio al cosiddetto “Amar Bill” per consentire a un rabbino capo di servire per più di un mandato (permettendo la rielezione di rav Amar) è stato lo stesso braccio politico del rabbinato sefardita, il partito haredi Shas, su indicazione del proprio capo spirituale: il novantaduenne rav Ovadia Yosef non ha infatti mandato giù l’accordo concluso tra rav Amar e rav David Stav, candidato ashkenazita, fondatore dell’organizzazione Modern Orthodox progressista Tzohar e autore di una forte campagna per riportare l’istituzione del rabbinato vicino alle esigenze della società israeliana. Offrendogli il suo supporto, rav Amar ha perso la benedizione di rav Yosef, che contro Stav ha lanciato accuse durissime, definendolo un uomo malvagio, con alcuni giovani haredim che nei giorni seguenti hanno aggredito il rabbino durante un matrimonio, in un clima sempre più incandescente. Non ha avuto sorte più fortunata della legge Amar la riforma dell’assemblea incaricata di scegliere i due rabbini, che si voleva aumentare di 50 grandi elettori, prevedendo una presenza femminile pari almeno al 25 per cento. Partita come proposta trasversale, con il sostegno di Habayit Hayehudi, Yesh Atid, Yisrael Beytenu, Hatnua e Labor, la legge era stata approvata dalla Knesset in via preliminare all’inizio di giugno, causando però una profonda rottura all’interno della formazione di ultradestra nazional-religiosa e un grave imbarazzo al suo leader Naftali Bennett. Le indicazioni di votare a favore della legge sono state infatti seguite solo da tre dei 12 parlamentari, fuori dall’aula gli altri. E così, anche nel tentativo di una riconciliazione con i partiti haredim, fermamente contrari alla proposta, Habayit Hayehudi ha deciso di porre il veto alla riforma. Il comitato è pertanto rimasto composto dagli attuali 150 membri, di cui 80 rabbini di diritto e 70 rappresentanti del pubblico, con esponenti dei partiti haredim Shas e Yahadut HaTorah a fare la parte del leone e pochissime donne coinvolte. Nulla di fatto anche per l’emendamento alla legge sul rabbinato per innalzare il limite massimo di età dagli attuali settant’anni, che avrebbe permesso la candidatura del 76enne rabbino ashkenazita Yaakov Ariel, visto di buon occhio dal settore più conservatore dell’ebraismo Modern Orthodox, ma anche da rav Ovadia Yosef. E così, usciti di scena molti candidati di rilievo, a poche settimane dal voto l’incertezza rimane alta. Rav Stav, nonostante l’endorsement ufficiale di Habayit Hayehudi, Yesh Atid, Yisrael Beytenu, Labor e Hatnua, esce indebolito dalla mancata riforma del comitato elettorale nonché dalla discesa in campo di un altro candidato considerato molto quotato: rav David Lau, il figlio del rabbino capo di Tel Aviv (e guida del Rabbinato centrale dal 1993 al 2003) Yisrael Meir Lau, che raccoglie il sostegno di molti nel mondo haredì (nonché quello, secondo le indiscrezioni, del premier Netanyahu, che finora è rimasto in silenzio). Nella competizione anche rav Yaakov Shapira, esponente dell’ala nazionalreligiosa conservatrice, considerato vicino a rav Ovadia Yosef e a sua volta figlio dell’ex rabbino capo d’Israele Avraham. Un forte punto di domanda permane anche sulla corsa al rabbinato sefardita. Per molto tempo, la rielezione di rav Amar è stata considerata quasi scontata. Ora sembra che i principali contendenti siano due dei figli dello stesso rav Ovadia, Avraham e Yitzhak Yosef, con il primo leggermente favorito rispetto al secondo per ragioni di anzianità e perché quest’ultimo è già in lizza per il posto di rabbino capo di Gerusalemme. Tra i candidati anche il rabbino capo di Tzfat Shmuel Eliyahu, figura controversa per le sue prese di posizione contro gli arabo-israeliani e rav Ratzon Arusi, rabbino capo di Kiryat Ono e leader della comunità di origine yemenita.

Rossella Tercatin, Pagine Ebraiche luglio 2013

(8 luglio 2013)