Melamed – Lasciateli in pace!
Il ministro israeliano dell’Educazione, rav Shai Piron, ha sollevato una serie di polemiche, negli ultimi giorni, grazie ad un suggerimento agli insegnanti che ha fatto arrivare loro sia attraverso un canale meno formale (la sua pagina su Facebook) che tramite un articolo uscito su Yedioth Ahronoth, ma che aveva precedentemente fatto arrivare alle scuole con un passaggio contenuto in una “lettera di fine anno” rivolta ai direttori degli istituti scolastici. Proviamo a immaginare che succederebbe in Italia se il ministro dell’Educazione suggerisse agli insegnanti di restare in contatto con i propri allievi durante l’estate? Alla fine dell’anno scolastico, checché se ne voglia dire, il sentimento prevalente è la stanchezza. Sono stanchi i docenti, di ogni ordine e grado, sono stanchi gli studenti – anche i piccoli delle scuole per l’infanzia – sono stanchi i presidi e anche quelli che ora non si possono più chiamare bidelli, ma operatori scolastici. Ci sono sicuramente anche soddisfazione per i risultati raggiunti, sollievo per la fine di un periodo di grandi fatiche e di preoccupazioni come è sempre l’ultimo mese di scuola, con il suo carico di verifiche o anche di esami; e poi felicità e anticipazione delle vacanze tanto agognate e a volte anche un poco di dispiacere quando si lasciano i compagni o gli allievi, ma su tutto indubitabilmente domina la stanchezza. Durante le vacanze estive, più o meno lunghe a seconda dei Paesi, certo, ci sono i famigerati compiti delle vacanze da fare, ma la parola che più si associa a “vacanze” è “libertà”. I ragazzi non devono andare a scuola, i genitori non devono impazzire ogni mattina per riuscire a farli svegliare, vestire, fare colazione e poi arrivare in orario, e anche lo studio può essere organizzato con più flessibilità e ritmi meno faticosi. Il primo tentativo del ministro di rendere addirittura obbligatori i contatti estivi fra docenti e discenti è avvenuto più di un mese fa, ma è fallito miseramente in seguito alla decisa reazione del sindacato degli insegnanti, che ha sottolineato come il periodo delle vacanze sia, appunto, un periodo di vacanza, grazie mille. Ma in coincidenza con la fine dell’anno scolastico sono arrivati i suggerimenti pubblici, su Facebook e sui giornali, ed era prevedibile che non avrebbero sortito un risultato molto differente. Le prime reazioni all’idea di rav Shai Piron stanno fra l’incredulità e l’ironia, e sono state fatte anche alcune considerazioni di peso non indifferente: come dovrebbero restare in contatto, gli insegnanti? Via Facebook, cosa per altro vietata in diverse parti del mondo? Andando a trovare a casa gli studenti? Via SMS? Non sarebbe bene piuttosto ragionare sul calendario scolastico, che spesso richiede ai ragazzi di reggere alla stanchezza e alla pressione per periodi anche molto lunghi senza interruzioni, per poi invece fare più di due mesi di interruzione estiva, mesi che, per altro, mettono spesso in difficoltà le famiglie? Non sarebbe forse utile fare dei ragionamenti seri su un programma di campi estivi (a costi accettabili!) che possano sollevare i genitori, utilizzare sistemi di educazione informale, abituare i più grandi al senso di responsabilità chiedendo loro di aiutare i più piccoli, e dare a tutti un’occasione di condivisione e, perché no, anche di studio, strutturata in maniera differente, magari divertente? E, per altro, non sarebbero considerazioni che si potrebbero forse fare anche in riferimento al sistema scolastico italiano?
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(14 luglio 2013)