Taglit 2013 – La partenza
Trentuno partecipanti; un pullman; sette mesi di preparazione; 240 ore quasi ininterrotte di visite, escursioni, incontri, avventure in lungo e in largo per tutto il territorio d’Israele, dalle alture del Golan alle infinite distese deserte del Negev. Sono questi, in sintesi, gli ingredienti chiave del nuovo viaggio Taglit Italia 2013, in partenza questa mattina dall’aeroporto di Milano Malpensa. Si apre così ufficialmente la settima edizione per il
nostro Paese del progetto che in pochi decenni ha offerto un viaggio indimenticabile, e totalmente gratuito, a quasi 350mila ragazzi provenienti da oltre sessanta diverse nazioni. Birthright, per l’appunto, come dice il nome del programma, nasce dal sogno di garantire a ogni giovane ebreo del mondo – ovunque egli viva e indipendentemente dalle proprie condizioni economiche – l’opportunità di scoprire Eretz Israel, non come un astratto ideale ma come una concreta, vitale, splendida realtà.
Grande entusiasmo dunque per il gruppo in partenza per questa edizione 2013, che si è ritrovato ieri sera in un noto locale milanese per un drink di kick-off informale del progetto. Gruppo quanto mai variegato, visto che comprende partecipanti da ben dieci città diverse – da Torino a Napoli, da Modena a Bologna, passando per Roma e Milano, ovviamente – e che prevede una novità di rilievo: per la prima volta, insieme ai partecipanti strettamente italiani, due ragazzi ticinesi fanno parte della “squadra”. Frontiere abbattute con il cantone svizzero di lingua italiana, dunque, per il mondo ebraico, almeno per dieci giorni…
Simone Disegni
(22 luglio 2013)
Senza fermarsi
Certamente non possiamo dire di esserci annoiati nel primo giorno del Taglit, anzi tutt’altro. È stata una giornata molto intensa, in cui non ci siamo letteralmente mai fermati. Abbiamo cominciato con una lunga passeggiata sotto un cocente sole. Due ore su un sentiero roccioso per scendere a valle ai piedi di una stupenda cascata. A seguire abbiamo fatto visita al luogo di un ex bunker siriano, in cui abbiamo potuto imparare grazie alla nostra guida interessanti informazioni sulle guerre del 1967 e del 1973. Dopodiché siamo saliti fino in cima alle alture del Golan vedendo dall’alto il confine con la Siria ed il monte Hermon. E dulcis in fundo, per rilassarci un po’ abbiamo terminato la giornata con una divertente esperienza di rafting, fra rapide e battaglie di schizzi fra canotti.
Simone Bedarida
(24 luglio 2013)
Il labirinto di Tzfat
In seguito ad una prima giornata di scoperta dei confini dello Stato e delle sue leggiadre acque, ci aspettavamo una giornata di piena spiritualità e d’incontro con le nostre origini ebraiche.
Al contrario arrivati a Tzfat, una delle quattro città sacre, mentre gli altri taglittini si sono incamminati verso la sinagoga ashkenazita, noi ci siamo persi.
Tuttavia con l’aiuto della nostra valorosa guardia Josef, e del nostro spiccato senso d’orientamento, siamo riusciti a superare molteplici prove. Nelle strette vie della città culla del kabbalismo, abbiamo affrontato ripidi gradini, scoscesi corridoi femminili verso i Mikve, aria affumicata e piogge di cenere.
Improvvisamente, dopo venti minuti di camminata, abbiamo scorto una luce che proveniva da una porta all’interno di un cortile privato: l’ammutinamento fu decisivo.
In dieci passi abbiamo raggiunto i taglittini, anch’essi ricoperti di cenere, e entrati nella sinagoga abbiamo potuto osservare il volto del Leone presente sopra l’Aron Hakodesh.
La nostra capacità nell’affrontare il labirinto di Tzfat è stata premiata con un buon calice di vino di melograno, il Rimon.
Daniel, Daria e Giulia
(24 luglio 2013)
Emozioni a Yad Vashem
Oggi siamo stati a Yad Vashem – Le emozioni erano forti – rabbia, tristezza, delusione.
Rabbia per le bestie che possiamo diventare, tristezza nel sapere che questi assassini non erano fatti di roccia ma erano uomini anche loro, con una vita e famiglia ordinaria, delusione nell’essere umano. Ognuno di noi ha il libero arbitrio per fare una scelta: usare la medicina per trovare cure oppure per scopi di tortura come Dr. Mengele? Costruiamo palazzi, scuole, ospedali oppure un campo di sterminio dove regnava la morte?
Come si fa a raggiungere questi livelli di brutalita’? E’ davvero senza limiti la crudelta’ del uomo? E tutti gli altri che furono partecipi? Nessuno parla. Nessuno agisce.
Nonostante tutto, trovo conforto… tra questi mostri esistevano degli eroi che mi riportano alla speranza verso l’essere umano, persone che anche se sotto il regime di dittatura hanno rischiato la propria vita per seguire il loro cuore, la loro compassione verso l’altro, la strada verso la liberta’ e la giustizia. Questi sono i volti da ammirare, da seguire e da cui imparare.
La vita e’ fatta di scelte, e io scelgo di non dimenticare, di ricordare, e di vivere la loro memoria – e’ l’unico modo per tenere in vita i loro nomi: ricordando.
“To forget the dead means killing them a second time” – Elie Wiesel, “La notte”
Rebecca Arippol
(29 luglio 2013)