Medio Oriente – Se Israele si sente più sola
“Mentre Israele fa molta attenzione a non apparire coinvolta nella crisi, si aspetta silenziosamente che Washington faccia la sua parte. Oltre la dimensione umanitaria e normativa, gli israeliani ritengono che in gioco vi sia la credibilità degli Stati Uniti fra gli attori locali e internazionali, specialmente nei confronti dell’Iran. L’erosione del potere di deterrenza americana rappresenterebbe una cattiva notizia tanto per Israele quanto per Washington”.
A scrivere queste parole in un intervento del 30 agosto, alla vigilia dell’annuncio del presidente Barack Obama di richiedere per l’intervento militare contro Bashar Assad l’autorizzazione del Congresso, è stato Michael Herzog, analista del Washington Institute for Near East Policy. Ventiquattro ore più tardi, dal Rose Garden di fronte alla Stanza ovale, Obama rivelava all’America e al mondo la sua decisione attendista (nell’immagine insieme al vicepresidente Joe Biden). Una scelta che analisti e commentatori si sono domandati se non lasci lo Stato ebraico da solo di fronte alle minacce che si trova a fronteggiare. In primo luogo l’Iran.
“Tracciare il parallelo tra Siria e Iran è inevitabile – ha scritto sul Times of Israel Avi Issacharoff, esperto di affari mediorientali – Se dopo che Assad ha usato armi di distruzioni di massa contro il suo stesso popolo Obama esita, considerando che il dittatore siriano non ha alcuna capacità reale di danneggiare sostanzialmente gli interessi americani, cosa farà il presidente Usa se l’Iran decide di sviluppare armi nucleari? Khamenei e i suoi consiglieri riconoscono che la probabilità che questa amministrazione usi la forza contro un paese con la capacità militare iraniana sono molto basse, se non inesistenti. E non solo i soli ad averlo capito. Le stesse conclusioni sono state tratte da Hezbollah e Al Qaeda”.
Ufficialmente il premier Benjamin Netanyahu ha evitato di commentare la presa di posizione di Obama e lo stesso ha chiesto di fare ai membri del suo governo, ma i timori restano. Non tanto per la Siria, quanto per la minaccia iraniana, come fa notare sul Financial Times John Reed.
“Atem lo levad”, “Voi non siete soli” aveva detto Obama nel suo discorso a una platea di giovani a Gerusalemme durante la visita dello scorso marzo. Oggi, in un panorama di grande incertezza, la stampa racconta come in Israele, siano in tanti “a sentirsi un po’ orfani, a domandarsi se c’è ancora a Washington un genitore affidabile, davvero presente, che capisce cosa sta succedendo ed è pronto ad agire” per usare le parole di Ari Shavit, editorialista di Haaretz, interpellato dal New York Times.
A ribadire invece la sua fiducia in Obama è stato il presidente Shimon Peres. “Ponderare come procedere non è la stesso che incespicare, meglio analizzare prima che dopo – ha sottolineato Peres – Mi fido di Obama per tutto ciò che riguarda Israele. Non credo che permetterà all’Iran di acquisire armi nucleari”.
“Atem lo levad”. Nonostante le rassicurazioni di Peres, sei mesi dopo quelle parole sembrano comunque un po’ più lontane.
Rossella Tercatin twitter @rtercatinmoked
(3 settembre 2013)