Israele – Peres: “Trasformare i nemici in amici”
Israele e Iran a colloquio. “Perché no? Io non ho nemici; non è una questione di persone ma di linea politica. L’idea è di convertire i nemici in amici”. Decenni di gelo, rapporti ad alta tensione ma il presidente israeliano Shimon Peres sembra aprire uno spiraglio di dialogo con Teheran. Predica cautela il presidente, intervistato dalla Cnn in occasione della Globes 2013 Israel Business Conference di Tel Aviv, ma non respinge a priori la possibilità di incontrare il presidente iraniano Hassan Rouhani. “Se fosse solo per lui, avrei dato l’incontro sicuro ma ci sono altre strutture, altre persone – afferma Peres – I Guardiani della rivoluzione, per metà esercito e per metà organizzazione, diffondono il terrore in tutto il mondo e non sono sicuro che supportino il presidente”. Anche su Yasser Arafat inizialmente gli israeliani avevano messo il veto: sedersi al tavolo con il leader dell’Olp sembrava impensabile, sottolinea Peres. Poi si arrivò a un tavolo di trattative e agli accordi di Oslo. Parole che vogliono evitare lo scontro frontale con il “non nemico” iraniano che continua a suscitare grande preoccupazione nei confini israeliani e non solo. Gli accordi di Ginevra di novembre, in cui l’Iran sembra aver aperto a un abbandono del progetto di armamento nucleare, non convincono il governo israeliano. Non convincono Benjamin Netanyahu che aveva già avuto modo di esprimere la sua poca fiducia sul nuovo volto dell’Iran con l’elezione del presidente Rouhani. “Un lupo travestito da pecora”, aveva affermato Netanyahu in settembre nel suo discorso alle Nazioni Unite, storcendo poi il naso di fronte ai citati accordi di Ginevra, considerati un eccesso di fiducia nei confronti di Teheran. Meno duro di Bibi, il presidente Peres che invita a non abbassare la guardia e vede nelle misure diplomatiche la giusta via da intraprendere per fermare i piani iraniani sul nucleare. Smentisce poi la rappresentazione che vedrebbe Israele isolata sulla questione Iran: al suo fianco non solo gli Stati Uniti ma anche Cina e Russia che comunque si sono opposte alla possibile adozione di armi nucleari da parte del regime iraniano. “Preferiamo si portino avanti pressioni economiche o politiche, prima che chiunque inizi a sparare”, afferma Peres, guardando alla via delle trattative come la strada più sicura per risolvere la spinosa situazione con Rouhani possibile partner del dialogo. Un Rouhani che secondo Obama non può essere definito un Ahmedinejad, solo con più fascino perché sarebbe “sottovalutare il cambiamento iraniano”.
Daniel Reichel
(8 dicembre 2013)