Israele – Le statistiche contro la pace
Ancora porte chiuse per diverse scuole di Ashdod, nel sud di Israele. Il pericolo del lancio di razzi dalla Striscia di Gaza ha portato l’amministrazione comunale a decidere di lasciare a casa 4mila studenti. La paura è che vi sia una nuova escalation di violenze da parte dell’estremismo palestinese, in particolare dopo l’attacco mirato da parte dell’aviazione israeliana di ieri. Domenica mattina, infatti, è stato gravemente ferito un uomo, Ahmed Sa’ad, ritenuto dall’esercito israeliano uno dei responsabili del lancio di razzi dalla Striscia al sud di Israele. Secondo l’Idf, Sa’ad aveva “un ruolo chiave nelle operazioni terroristiche portati avanti dalla Jihad islamica palestinese” e ancora era le sue “attività terroristiche nel corso degli anni hanno incluso l’occultamento, la direzione e il lancio di missili contro Israele”.
Continua dunque la tensione sul confine con Gaza; tensione che non aiuta di certo i faticosi negoziati di pace tra israeliani e palestinesi, portati avanti in questi mesi con la mediazione americane. E rimbalzano dagli Stati Uniti le parole rilasciate dal presidente Barack Obama al New Yorker (intervista pubblicata ieri), secondo le attuali trattative avrebbero meno del 50% di possibilità di riuscita.
“Obama mi ha detto che tra tutte e tre le principali iniziative americane nella regione (Iran, negoziati tra israeliani e palestinesi) – ha affermato David Remnick, direttore del New Yorker – probabilità di arrivare ad un accordo finale sono meno del 50%”. “D’altra parte – ha affermato Obama – in tutte e tre le circostanze forse siamo riusciti a portare il masso su per la collina e posizionarlo in modo stabile in modo che non torni indietro e ci ricada addosso”. Obama spera di aver raggiunto un punto di equilibrio rispetto agli interventi americani in Medio Oriente, dove gli Stati Uniti vorrebbero tornare protagonisti, seguendo la via diplomatica. E sono tre le vie da percorrere, tutte connesse tra loro secondo l’inquilino della Casa Bianca. “Credo che la regione stia attraversando rapidi e inesorabili cambiamenti. Alcuni dal punto di vista demografico, alcuni tecnologici, altri economici. E il vecchio ordine, il vecchio equilibrio non è più sostenibile. La domanda dunque diventa, cosa accadrà dopo?”. Incertezza che non aiuta a tranquillizzare Israele: stando ad esempio a un sondaggio del quotidiano Times of Israel, solo un quinto degli israeliani ha fiducia in Obama rispetto al suo atteggiamento con l’Iran. Secondo la maggior parte degli intervistati il presidente Usa non riuscirà ad evitare che Teheran si doti di armi nucleari. E, ovviamente, per la sicurezza di Israele questo è un punto nodale.
Intanto è previsto per oggi a Washington un incontro tra il ministro della Giustizia israeliano Tzipi Livni, accompagnata dal negoziatore Isaac Molho, e il segretario di Stato americano John Kerry. Al centro del vertice, l’accordo quadro realizzato dalla diplomazia Usa, di cui a lungo si è parlato in questi mesi, per trovare una soluzione al conflitto, con la creazione di uno stato palestinese, garantendo d’altra parte la sicurezza di Israele. La riunione sarà anche un’opportunità per gettare le basi per un incontro tra Kerry e Netanyahu a margine del World Economic Forum di Davos di questa settimana.
Daniel Reichel
(20 gennaio 2014)