Israele – Il fallimento della pace costa caro

Lapid“Se i negoziati di pace con i palestinesi dovessero interrompersi e iniziasse un boicottaggio europeo, anche parziale, l’economia israeliana farebbe un salto all’indietro, ogni persona ne sentirà l’effetto sulle proprie tasche, il costo della vita si alzerebbe, della sanità, del sistema educativo, il budget per il welfare e per la difesa sarebbe ridotto e molti mercati stranieri ci chiuderebbero le porte”. È uno scenario preoccupante quello proposto dal ministro delle Finanze israeliano Yair Lapid in occasione del suo intervento all’Istituto per gli studi della sicurezza nazionale. Affermazioni che suonano come una risposta a distanza al collega di governo, il ministro dell’Economia Naftali Bennet che aveva dichiarato, suscitando uno scontro al vertice con il premier Benjamin Netanyahu, che “uno stato palestinese distruggerà l’economia israeliana”.
“Oggi Israele è più esposta economicamente che dal punto di vista della sicurezza – ha affermato Lapid – il dibattito sulla sicurezza ci fa dimenticare che le nostre risorse militari non sono un obiettivo ma uno strumento. Uno strumento che può garantirci di ottenere un accordo che rafforzi l’economia d’Israele e garantisca il suo futuro come stato ebraico”. Secondo i dati del ministero della Finanza – ma indicazioni in questo senso erano già state pubblicate dalla Banca centrale di Israele – la pace farebbe risparmiare allo stato 20 miliardi di shekel all’anno e potrebbero incrementare le esportazioni di beni e servizi per un valore di 16 miliardi di shekel l’anno.
Per quanto riguarda il boicottaggio – che Lapid ha affermato già essere iniziato in diversi paesi – nelle previsioni costerebbe un taglio del 20% delle esportazioni verso l’Unione Europea e 9,800 posti di lavoro salterebbero immediatamente. Inoltre la cancellazione degli accordi di collaborazione con l’Ue, che secondo Lapid sono sull’agenda dei vertici europei, danneggerebbe il paese per altri 3,5 miliardi di shekel. “Non c’è niente di più facile per un europeo medio di annunciare che boicotterà i beni provenienti dagli insediamenti, o da Israele, perché ha diverse alternative a questi ultimi – ha detto il ministro – Non è solo una dichiarazione morale, che lo fa sentire bene con se stesso, ma anche una campagna facile da fare dalla poltrona di casa propria”. “Questo è un processo reale ma abbiamo la possibilità per fermarlo”.

Daniel Reichel

(30 gennaio 2014)