Israele e il futuro dell’economia – Bennett sul New York Times: “Mettiamoci tutti al lavoro”
“Come soldati dell’esercito di Israele, uno dei più duri esercizi di addestramento che dovevano affrontare era una lunga marcia trasportando un compagno sulla barella. Oggi quelle lunghe camminate mi tornano in mente mentre il governo lavora per alleggerire il fardello della ‘barella nazionale’ che grava sulla società israeliana, dove sempre meno cittadini si trovano a sopportare un carico sempre maggiore”.
Naftali Bennett, ministro israeliano del Commercio e leader di Habayit Hayehudì, partito di ispirazione nazional-religiosa collocato nettamente a destra, ha scelto il New York Times, uno dei più autorevoli quotidiani al mondo, ma di area decisamente liberal, per intervenire su uno dei temi che più stanno a cuore al popolo d’Israele: il patto sociale per garantire la futura sostenibilità dell’economia.
Individuati da Bennett nell’editoriale pubblicato stamattina nella pagina delle Opinioni sono non soltanto gli ebrei haredim, attualmente al centro del dibattito politico e mediatico per la proposta di introdurne l’arruolamento, ma anche le donne arabe.
“Con una partecipazione al mercato del lavoro estremamente bassa, gli ebrei ultraortodossi e le donne arabe israeliane sono sfortunatamente scivolati verso una situazione di povertà e necessità di assistenza. Per gli uomini ultraortodossi, questo deriva dal rifiuto di servire nell’esercito e scegliere invece gli studi religiosi nelle yeshivot. Per le donne arabe è stata la mancanza di educazione e una cultura in cui ci si aspetta che rimangano a casa”.
Con parole accorate, il ministro descrive l’impossibilità per la pur vibrante economia israeliana di sostenere lo status quo nel futuro, ricorda il prezzo politico pagato da lui e dal suo partito per la scelta di rompere con i tradizionali alleati haredim e difende la riforma su cui la Knesset sta lavorando. Poi delinea un piano per raddoppiare la percentuale delle donne arabe che scelgono di lavorare, attualmente poco oltre il 25 per cento: centri in cui verranno loro offerte possibilità di formazione al lavoro e miniprestiti, asili per facilitare le scelte delle madri, la possibilità per alcune società di ricevere dallo Stato un sussidio pari al 37 per cento dei salari delle lavoratrici.
Bennett è conosciuto in campo internazionale soprattutto per le sue durissime contestazioni ai negoziati di pace con i palestinesi condotti dal Segretario di Stato americano John Kerry e per il sostegno agli insediamenti nei Territori. Per questo il suo intervento sul New York Times e la diversità dei toni che lo contraddistingue, divengono probabilmente ancora più significativi.
“L’economia israeliana appartiene sia ai suoi cittadini ebrei sia ai suoi cittadini arabi – ha sottolineato – Oltre che alleggerire il carico su chi oggi lo sopporta e diffondere prosperità, queste nuove iniziative avranno un impatto ancora più grande e profondo sull’identità nazionale di Israele. Nella mia precedente carriera come direttore di società high-tech ho sperimentato in prima persona le infinite possibilità che si creano quando persone di diverso background lavorano insieme”.
Uomini e donne, arabi ed ebrei, ultraortodossi, religiosi e laici, fianco a fianco per portare avanti l’economia e l’intero paese. Così il leader di Habayt Hayehudi si immagina il posto di lavoro del futuro. Una strada in salita, ammette. “Ma se tutti diamo il nostro contributo, ce la faremo”.
Rossella Tercatin twitter @rtercatinmoked
(14 febbraio 2014)