Israele – Haredim in piazza contro l’obbligo della divisa
Un’onda di persone si riverserà domenica lungo le strade di Gerusalemme. Un’onda di protesta che confluirà da tutto il paese all’ingresso della città e nella zona della Knesset, il parlamento israeliano. “Noi abbiamo scelto la Torah”, reciteranno alcuni cartelli imbracciati dalle migliaia di manifestanti. Non ci saranno discorsi o soliloqui dal palco di Jaffa Street, dove il mondo ultraortodosso israeliano domenica si riunirà per protestare contro la legge sull’obbligo di leva. I rabbini leggeranno delle preghiere, perché hanno scelto la Torah e non vogliono vedere i loro studenti costretti a vestire la divisa verde dell’Idf (Israel Defence Force). Un privilegio, evitare il servizio militare, a lungo concesso agli studenti delle yeshivot (scuole religiose) ma che ora sarà in parte revocato: una legge, ancora al vaglio del parlamento, vuole introdurre una quota di leva da raggiungere annualmente per i ragazzi haredim. La pena prevista per i disertori sarebbe la detenzione.
La proposta di legge è stata fortemente osteggiata dal mondo ultraortodosso, culminando negli ultimi mesi in diverse proteste per le strade (con casi di scontri fra manifestanti e polizia). Quella di domenica sarà l’ultima in ordine cronologico e probabilmente la più partecipata essendo stata indetta dai consigli rabbinici di Degel HaTorah, Agudat Yisrael e Shas, i tre principali movimenti haredim di Israele. “La protesta di massa per pregare e gridare contro il sopruso su chi studia la Torah”, il lungo titolo scelto per la manifestazione che richiamerà ultraortodossi da tutto il paese. Una realtà che costituisce oltre il 10% della popolazione israeliana, percepita dal mondo laico come distante, autoemarginata e detentrice di privilegi ingiustificati. L’esenzione dall’obbligo di leva per gli studenti delle yeshivot così come i sussidi di stato sono il principale bersaglio delle polemiche che piovono sui haredim. Secondo il ministro delle Finanze Yair Lapid, il servizio militare sarebbe uno strumento per superare queste problematiche, una chiave per l’integrazione. “Il 91% degli ultraortodossi che si sono arruolati nell’esercito dopo hanno scelto di entrare nel marcato del lavoro”, ha dichiarato recentemente Lapid, toccando un altro punto nodale della questione, la disoccupazione diffusa del mondo ultraortodosso, che ha portato buona parte di questo spaccato sociale sotto la soglia della povertà. “Il nostro lavoro come Stato è di aiutarli a fare questo tipo di passaggio. È giusto e necessario e la classe media non può più, e in ogni caso non dovrebbe mai, pagare i conti degli altri”, affermava il ministro, riferendosi ai sussidi elargiti dallo Stato ai haredim. E proprio Lapid è uno dei bersagli della manifestazione di domenica, a cui si contesta il tentativo di criminalizzare (con la previsione della pena della detenzione) una parte della società israeliana. “Tutti i rabbini che parteciperanno a questo storico incontro sono dell’opinione che il malvagio governo di Lapid e Netanyahu vuole sradicare l’ebraismo haredi, fermare la sua espansione (secondo i calcoli del noto demografo Sergio Della Pergola ” fra 30 o 40 anni il 50% dei bambini di questo paese saranno figli di famiglie ultraortodosse”) e finché l’opinione condivisa sarà non fare l’esercito per nessun motivo né condizione, l’opzione di emigrare cresce, con tutto il dolore che lasciare Israel vorrebbe dire”, scrive il giornale HaMahane HaHaredi. Prese di posizioni dure che non aiutano a trovare una soluzione condivisa a un problema che potrebbe aumentare ulteriormente il solco tra società civile e mondo haredi.
(28 febbraio 2014)