Israele – Esercito, legge elettorale, pace. Knesset al voto sulle riforme
Una settimana per votare sul futuro. A Gerusalemme, la Knesset si prepara a esprimersi su una serie di provvedimenti destinati a un impatto profondo sugli assetti della collettività israeliana.
Dopo quasi un anno dalla formazione del governo arrivano infatti alle fasi finali per l’approvazione due riforme considerate cruciali per la sostenibilità politica, sociale ed economica del paese.
La legge che introduce il servizio di leva obbligatorio per i giovani studenti delle yeshivot haredim (scuole rabbiniche ultraortodosse) è senz’altro quella che ha avuto sin dai primi passi e ancora fino a oggi l’eco mediatico maggiore, con forti proteste di piazza e dichiarazioni roventi da parte di ampi strati dell’ebraismo haredi, suscitando allo stesso tempo le critiche di chi ritiene che la proposta non si sia spinta sufficientemente in là nell’assicurare effettiva pari condivisione del fardello militare.
Tuttavia, in quello che è considerato dalla coalizione guidata da Benjamin Netanyahu un pacchetto di misure da approvare in modo compatto, pena il rischio di frantumazione delle alleanze, ci sono altre novità significative. Innanzitutto, una riforma legata alla forma di governo, che ha tra i punti cardine l’innalzamento della soglia elettorale di sbarramento (unico correttivo al proporzionale puro israeliano) dal 2 al 3,25%. Che tradotta in termini di seggi, impedirebbe ai partiti che non ne conquistano almeno quattro l’ingresso alla Knesset: un punto particolarmente controverso rispetto al destino delle tre formazioni arabe, Ta’al, Hadash e Balad, che siedono attualmente in Parlamento avendo ottenuto alle elezioni di gennaio 2013 rispettivamente il 3,65, 2,99 e 2,56%. A chi teme che in questo modo se ne favorisca la sparizione, si contrappongono tuttavia i molti che suggeriscono come incentivando questi partiti a presentarsi con una voce unica, si favorisce anche un loro ruolo più centrale nella vita politica.
Ancora, tra le misure che dovrebbero essere approvate prima del prossimo Shabbat, una Legge fondamentale (Basic Law), dunque di rango semi-costituzionale, che preveda l’obbligo di sottoporre qualsiasi accordo di pace che includa la rinunzia di Israele a territori sovrani a referendum: l’intento è quello di blindare la norma (riguardante Gerusalemme Est, le alture del Golan e tutto che ciò che si trova all’interno del lato israeliano della Linea verde, non i Territori) che esiste già dal 2010 come legge semplice, rispetto a eventuali interventi della Corte costituzionale. Una riforma voluta dalla destra di Likud e di Habayit Hayehudi ma non vista di buon occhio dai centristi di Hatnua e Yesh Atid, che ha a sua volta invece sponsorizzato con forza le altre due proposte, con un’accoglienza più tiepida da parte di altre forze della coalizione di governo.
Il calendario serrato previsto per l’approvazione di queste riforme, concepito per evitare ulteriori ritardi e imboscate politiche, ha però suscitato una fortissima protesta delle opposizioni, che lamentano la mancanza di spazio di dibattito e hanno minacciato di boicottare i lavori parlamentari, bollando il tour de force come “antidemocratico”. Per superare l’impasse si è mosso il presidente della Knesset Yuli Edelstein, che ha ottenuto dalle forze di governo l’aggiunta di una giornata di confronto, un’offerta ritenuta però insufficiente (il leader del partito laburista e dell’opposizione Isaac Herzog ha parlato di “troppo poco, troppo tardi”).
Il braccio di ferro quindi prosegue, tra l’altro proprio quando nella sera di mercoledì 12 marzo il premier inglese David Cameron dovrebbe rivolgere un formale discorso alla Knesset durante la sua prima visita di Stato in Israele. Sempre che lo sciopero al Ministero degli Esteri lo permetta. Perché da diversi giorni le posizioni sui social network delle rappresentanze dello Stato ebraico in mezzo mondo recano malinconiche la scritta “attività sospesa per sciopero” su fondo nero e i disagi aumentano.
Una situazione che sicuramente non semplificherà la settimana di fuoco della politica israeliana, al voto sul futuro.
Rossella Tercatin twitter @rtercatinmoked
(10 marzo 2014)