“Per la pace bisogna rischiare”
“Dure scelte politiche” e “assunzione di rischi”. Sono le richieste formulate dal presidente statunitense Barack Obama al leader dell’Autorità Nazionale Palestinese Abu Mazen, ricevuto ieri alla Casa Bianca. Un appuntamento molto atteso alla luce delle numerose insidie che ancora oggi rendono difficoltoso il processo di pace tra israeliani e palestinesi e che è arrivato a poche ore dall’endorsement di Shimon Peres che ha parlato di Abu Mazen come di “un partner per la pace, un uomo di principi che si oppone alla violenza e al terrore” malgrado l’opposizione, da parte dello stesso, al riconoscimento dell’ebraicità dello Stato di Israele.
Numerosi i temi affrontati durante il colloquio, a partire dal piano formulato dal segretario di Stato John Kerry che molte critiche ha sollevato tra esponenti del governo israeliano e che pochi risultati sta portando a casa anche per l’ostinazione dimostrata dalla dirigenza palestinese nel difendere alcuni punti sui quali non appaiono possibili mediazioni. Messo da parte per qualche ora il dossier ucraino, al centro del lavoro delle diplomazie internazionali, Obama è tornato così a concentrarsi sull’annoso problema mediorientale a due settimane dall’incontro con il primo ministro di Gerusalemme Benjamin Netanyahu.
Malgrado alcune convergenze con il suo ospite, Abu Mazen ha nuovamente sottolineato l’impossibilità di riconoscere l’ebraicità di Israele (“There’s no way”, ha spiegato ai giornalisti) ed è tornato alla carica chiedendo la liberazione di nuovi detenuti palestinesi dalle carceri israeliane. Tra i nomi che sono emersi quelli di Ahmed Sadat e Marwan Barghouti, entrambi condannati all’ergastolo con l’accusa di terrorismo.
Nel congedarsi da Abu Mazen Obama lo ha pubblicamente ringraziato per aver “sempre rinunciato alla violenza, costantemente cercato una soluzione diplomatica e pacifica che permetta ai due Stati di vivere fianco a fianco in pace e sicurezza”.
(18 marzo 2014)