Israele – Tensioni sul confine con la Siria
Se per Israele il 2013 è stato “l’anno più calmo in termini di vittime e lancio di missili”, il nuovo anno non sembra seguire lo stesso corso. L’attentato di ieri sul confine siriano, in cui quattro soldati israeliani sono rimasti feriti, e la pioggia di missili caduta nel sud del paese la scorsa settimana sono segnali inquietanti della riaccendersi di ostilità mai sopite. I terroristi di Hezbollah nel nord e i jihadisti (con il benestare di Hamas) a sud provano ad alzare la voce e così il bilancio del premier Benjamin Netanyahu (nella foto, avvisato del sequestro dello scorso 5 marzo da parte dell’Idf di una nave di armi diretta a Gaza, proveniente, secondo l’intelligence israeliana, dall’Iran), di un 2013 positivo sul fronte della sicurezza, si scontra con le tensioni di queste settimane, culminate con l’agguato alla pattuglia dell’Idf sulle alture del Golan. “La nostra politica è molto chiara: attacchiamo chi ci attacca – ha dichiarato questa mattina Netanyahu, in riferimento alla controffensiva portata dall’aviazione israeliana che ha colpito questa mattina diverse postazioni dell’esercito siriano – stiamo anche, al meglio delle nostre capacità, contrastando il traffico di armi via mare, aria e terra, e questa attività continuerà. Questo è ciò che ha portato, negli scorsi anni, a un calo dell’attività terroristica”. Proseguono, inoltre i negoziati di pace con le autorità della Cisgiordania, ma la notizia di oggi della morte di un ragazzo palestinese a Hebron potrebbe complicare la situazione. Il giovane, colpito dal fuoco dell’esercito israeliano, secondo le stesse fonti dell’Idf, stava tentando di scavalcare e sabotare la barriera di difesa.
Dalle autorità palestinesi al momento non ci sono commenti. Intanto sul fronte dei colloqui il presidente dell’Autorità nazionale palestinese Abu Mazen è stato esortato dal presidente Usa Barack Obama ad “assumersi più rischi”. Mazen, che ha incassato la fiducia del presidente israeliano Shimon Peres, è stato più volte chiamato in causa da Netanyahu in questi mesi, con la richiesta di fare dichiarazioni coraggiose che possano portare a una progressione nelle lunghe trattative di pace. Il leader dell’Anp di contro, ha chiesto a Israele il rilascio di prigioni palestinesi, tra cui figurerebbe anche Marwan Barghuthi, guida di Fatah e condannato a cinque ergastoli per omicidio.
Israele però al momento guarda a nord. “Non tollereremo nessuna violazione alla nostra indipendenza o attacco contro i nostri soldati e civile”, ha dichiarato il ministro della Difesa Moshe Ya’alon. “Chi ci attacca firmerà la sua condanna”. Parole, quelle del ministro, dirette a Bashar Assad, presidente di una Siria da tre anni scossa da una sanguinosa guerra civile. E proprio i successi di Hezbollah, alleato storico di Assad e dell’Iran (da sempre al fianco anche di Assad), potrebbe essere dietro all’attentato contro la pattuglia israeliana sul Golan.
(19 marzo 2014)