Haredim e divisa – Confronto al Bené Berith Milano. “Ascoltare le ragioni dell’altro”
Haredim e divisa. Un tema da mesi al centro del dibattito pubblico in Israele, e ampiamente trattato anche dalla stampa internazionale. Una questione su cui è facile cadere in stereotipi e semplificazioni eccessive, e che presenta invece molteplici punti di vista e sfumature. E proprio allo scopo di ascoltare una prospettiva differente, la voce di qualcuno che può spiegare quali siano i problemi, la visione, espressi dal mondo haredi, pur nella sua complessità, il Bené Berith Milano ha organizzato una serata per discuterne insieme al rabbino Avraham Hazan, leader del movimento chassidico Chabad-Lubavitch.
“È giusto e normale che il governo israeliano voglia trovare una soluzione. Ma è importante spiegare il fatto che non ci troviamo davanti a ‘cattivi’, ma a persone come le altre, con i loro problemi e le loro esigenze, semplicemente portatori di una visione spirituale differente. Il punto non è la mancanza di volontà di dare il proprio contributo alla vita di Israele” ha spiegato rav Hazan all’indomani dell’evento, definito dal presidente del Bené Berith Maurizio Ruben “un momento di confronto davvero interessante e positivo, che ha offerto una visione ben diversa di quello che viene spesso descritto semplicemente come uno scontro a tutto campo fra due parti”.
“Esistono molte ragioni che vengono avanzate nell’ambito nel mondo haredi, per cui ci si oppone a che i giovani prestino al servizio di leva. Il punto più delicato è il timore che si ritrovino in un ambiente non adatto, che li spinga ad allontanarsi dall’osservanza delle mitzvot. Non è quindi una questione di politica o di bandiera – sottolinea il rav – ma di attaccamento ai valori, specialmente per ragazzi così giovani, privi di responsabilità e improvvisamente lontani dalla famiglia, dalla scuola”. Possibili soluzioni di compromesso ci sono, innalzare l’età dell’arruolamento, favorire la creazione di compagnie in cui le esigenze di chi proviene dal mondo haredi vengano salvaguardate, come già esistono (con servizio su base volontaria).
Con una necessaria specificazione, ricorda rav Hazan “Superato questo scoglio, il tema fondamentale è quello del ruolo e della valenza dello studio. L’esenzione dall’arruolamento riguarda gli studenti delle yeshivot, chi non studia è sacrosanto debba andare nell’esercito”. Il rav sottolinea infatti che un altro degli argomenti con cui viene sostenuto il diritto all’esenzione affonda le radici nel pensiero ebraico: la tesi per cui chi dedica la vita allo studio e alla preghiera svolge per il popolo ebraico un compito di protezione diverso ma altrettanto importante e che su questa base gli studenti di yeshivah dovrebbero essere esentati dal servizio militare (come non dovevano combattere i cohanim, i sacerdoti appartenenti alla tribù di Levi). A maggior ragione considerando il fatto che, a differenza che in passato, non esiste più in Israele il problema di non avere un sufficiente numero di soldati, e dunque non sarebbe necessario estendere anche agli studenti di yeshivah l’obbligo di indossare la divisa.
“Una soluzione si troverà. Israele è uno Stato e ha un governo che prende decisioni e le realizza – conclude rav Hazan -L’importante è trovare il modo migliore per farlo. Anche perché il mondo haredi non è contento di come viene trattato: ci tiene a partecipare alla vita pubblica in Israele ed è bene trovare le giuste forme per permetterlo sempre più”.
(25 marzo 2014)