Israele – Il passo indietro di John Kerry
Il segretario di Stato americano John Kerry rettifica e in un raro comunicato personale diffuso dal Dipartimento di Stato spiega: “Non credo, né ho mai dichiarato, né in pubblico, né in privato, che Israele sia uno Stato di apartheid, o che abbia intenzione di diventarlo”, precisando ancora “se potessi riavvolgere il nastro, sceglierei parole diverse per riaffermare la mia ferma convinzione che l’unica via, nel lungo periodo, per avere uno Stato ebraico, due nazioni e due popoli che vivano uno a fianco all’altro in pace e sicurezza, sia rappresentata dalla soluzione a due Stati”.
Oggetto del contendere e al centro di roventi polemiche, le parole pronunciate da Kerry negli scorsi giorni nel corso di un vertice non pubblico con rappresentanti di Stati Uniti, Europa, Russia e Giappone.
“La soluzione dei due Stati emerge chiaramente come l’unica reale alternativa possibile. Perché uno Stato unitario finirebbe per diventare o uno Stato di apartheid con cittadini di seconda classe, o uno Stato che distrugge la capacità di Israele di rimanere uno Stato ebraico”.
Parole che, riportare dal Daily Beast, hanno segnato la prima volta in cui un rappresentante di così alto livello del governo statunitense ha associato a Israele, sia pure in modo indiretto, l’odioso concetto di apartheid, quella segregazione persecutoria di una parte dei propri cittadini che ha reso tristemente notorio per decenni il Sud Africa.
L’associazione non rientrava in alcun modo nei pensieri del segretario di Stato, che ha tra l’altro ricordato la sua storia politica di impegno e vicinanza a Israele e spiegato come anche numerosi volti di primo piano dello Stato ebraico abbiamo pubblicamente paventato il rischio di prendere la strada sbagliata. Ma Kerry ha dovuto fare i conti con il potere delle parole, che evocano messaggi e significati bel al di là del contesto letterale in cui sono usati. Dopo mesi di tentativi di negoziati israelo-palestienese, che sembrano arrivati al capolinea, accostare i termini “Kerry”, “Israele” e “apartheid” è stato equivalente a dar fuoco alle polveri (mediatiche).
Da cui il passo indietro: per un confronto produttivo, la parola apartheid è meglio lasciarla fuori dal dibattito. Decisamente meglio.
Rossella Tercatin twitter @rtercatinmoked
(29 aprile 2014)