Periscopio – Yom HaZikaron
Difficile commentare, in qualsiasi modo, le parole pronunciate dal Presidente Shimon Peres in occasione dello Yom HaZikaron, la commemorazione dei soldati caduti per Israele. Ne voglio riportare uno stralcio, anche se credo che quasi tutti i lettori di questo notiziario abbiano già avuto modo di leggerle e di meditare su di esse:
“Abbiamo accompagnato i nostri bambini quando sono venuti al mondo, siamo stati con loro il primo giorno di asilo, li abbiamo portati in classe il primo giorno in prima elementare e li abbiamo accompagnati ad arruolarsi nell’esercito; abbiamo camminato accanto a loro il giorno del loro matrimonio e nella loro prima casa. Improvvisamente le vite sono state spezzate e la nube non si disperde, porta l’immagine dei soldati caduti nelle battaglie di Israele. Anche durante i più grandi festeggiamenti, sentiamo una pugnalata al cuore: perché non saranno lì alla nascita? Perché non ci tengono per mano andando a scuola? Come è possibile che non cresceranno dei figli? Perché tutti i loro amici crescono, studiano, si sposano, creano delle famiglie, mentre mio figlio, mia figlia, mio fratello, mio marito rimarranno per sempre come li abbiamo visti il momento prima di andarsene? Ogni parola è un testamento lasciato alle spalle. Per essere morali come i dieci comandamenti, per essere coraggiosi ed eroici. Per essere una società costruttiva, che illumini. Per essere uno Stato libero e democratico. Per essere una Nazione in cerca di pace.
Molti di loro non hanno costruito una casa. Non hanno avuto l’opportunità di piantare un albero. Non hanno mai provato l’amore vero. Si sono lasciati alle spalle famiglie in lutto, a piangere per loro. E loro non ci hanno lasciato, amici, a provare dolore, ma a ricordare e ricordare ancora. Noi non minimizzeremo ciò che abbiamo realizzato: un paese unico, con spirito di forza. Noi non lasceremo andare i ricordi di tutto ciò che abbiamo perso…
Noi restiamo muti di fronte a voi. Con un pesante senso di lutto. Non vi sono parole che possano esprimere il dolore… Che cosa possiamo dire davanti a voi? Di essere forti? Voi siete già forti. Possiamo forse consolarvi? Non vi è alcuna consolazione“.
Sono parole, ripeto, che non richiedono di essere commentate, ma solo ascoltate, assorbite, trasmesse di generazione in generazione, legate alla mente e al cuore, al pari dei comandamenti sinaitici.
Se, come disse Bertolt Brecht, è beato il Paese che non ha bisogno di eroi, Israele è tutt’altro che beato. Ma forse il vero senso della frase è che è beato quel Paese che non ha bisogno di retorica. Di squilli di tromba, fanfare, medaglie, coccarde. E Israele non ne ha bisogno. Le sue medaglie sono le sue lacrime. Ha i suoi eroi, e tanti, ma sono eroi che sarebbero piaciuti a Brecht. Non superuomini, ma, come dice Peres, solo uomini forti, che non possono essere consolati.
Francesco Lucrezi
(7 maggio 2014)