Setirot – Derive pericolose
La sottovalutazione e in certi casi le strizzatine d’occhio nei confronti di quell’estremismo di destra che Carmi Gillon, uno degli ex capi dello Shabàk (più noto come Shin Bet, il Servizio israeliano di intelligence interna) chiama senza mezzi termini terrorismo sono un pericolo per la sicurezza di Israele, ma anche per gli ebrei nel mondo. Allarmate e allarmanti agenzie di stampa di pochi giorni fa riportavano il moltiplicarsi di atti vandalici contro moschee, chiese, cimiteri islamici; seguivano più rassicuranti notizie sull’arresto di alcuni giovani e giovanissimi israeliani sospettati di essere gli artefici di alcune di quelle azioni. Le analogie con un tragico passato sono sotto gli occhi di tutti, e per capirlo non c’è bisogno di avere imparato a memoria “Shomrei Ha-Saf” (“The Gatekeepers”), il docu-film sui Servizi firmato da Dror Moreh. Di “The Gatekeepers” ho già scritto come la pellicola mostri “uno Stato di Israele che è faro per il moltissimo che ha in sé di positivo, umano, morale, democratico nel senso più ampio e alto del termine, ed è insieme esempio del disagio, della disumanità, dell’orrore che situazioni di guerra, occupazione, odio, paura, vendetta possono provocare in ogni uomo”. Rimangono i due grandi fantasmi, positivi e negativi: lo smantellamento della rete eversiva ebraica Mahteret Ha-Yehudit (Jewish Underground) che nei primi anni Ottanta voleva far saltare in aria la moschea di Al-Aksa e l’assassinio di Yitzhak Rabin del 1995 per mano di Yigal Amir. Gli ex (e attuali) responsabili della Sicurezza continuano ad ammonire di non sottovalutare mai più l’idea che un ebreo possa attentare alla vita di un altro ebreo o i segnali dell’odio anti arabo presenti nelle frange estreme del movimento dei coloni che – come dice il ministro della Difesa Moshe Yaalon – mirano ad intimidire sia la popolazione araba che il governo. E in Israele c’è perfino chi, dopo l’aspra battaglia tra Parlamento e haredìm sul servizio militare, lancia l’allarme: il ministro Yair Lapid potrebbe fare la fine di Rabin. Chi ha orecchie per intendere intenda, attenti al linguaggio, al vocabolario, alle parole, ai toni.
Stefano Jesurum, giornalista
(8 maggio 2014)