Israele-Turchia, riconciliazione vicina
“A nome di tutto il popolo d’Israele, desidero esprimere al suo paese le mie più profonde condoglianze per il tragico incidente di Manisa. Siamo tutti scossi per la perdita di vite innocenti sul lavoro e i nostri pensieri sono con il popolo turco. In momenti così difficili dobbiamo tutti aiutarci l’un l’altro e offriamo alla Turchia qualsiasi aiuto di cui possa aver bisogno. Preghiamo per le vittime, per le famiglie, per la salvezza di tutti coloro che ancora si trovano intrappolati, per la guarigione dei feriti”. Questo il messaggio inviato dal presidente israeliano Shimon Peres al suo collega turco Abdullah Gül, dopo la strage nella miniera di carbone che è già costata la vita a oltre 280 persone. La Turchia piange le sue vittime e monta la rabbia per quella che in tanti definiscono una tragedia annunciata, data la mancanza di regole e controlli. Ma sulla stampa israeliana, di Ankara si parla anche per un altro motivo: secondo un’indiscrezione riportata dal Times of Israel, sarebbe vicinissimo l’accordo per la riconciliazione con Gerusalemme, che potrebbe essere firmato dal premier Benjamin Netanyahu appena farà ritorno dal viaggio di Stato in Giappone.
Le parti, che da mesi lavorano per ricucire uno strappo durato quattro anni, avrebbero trovato un compromesso a proposito di tutte le questioni sul tappeto e sarebbero dunque pronte a ristabilire piene relazioni diplomatiche. I due paesi procederebbero immediatamente al reciproco invio di ambasciatori. Israele ha poi accettato di pagare venti milioni di dollari di compensazione alle famiglie dei nove militanti turchi che rimasero uccisi nello scontro con l’esercito israeliano quando nel 2010 la nave Mavi Marmara che faceva parte dell’iniziativa “Freedom Flotilla” tentò di forzare il blocco navale di Gaza (fu questo l’episodio alla base della rottura).
Secondo gli analisti, il primo ministro turco Recep Tayyip Erdoğan avrebbe fretta di finalizzare l’accordo, perché desidererebbe distanziarsi dall’immagine di un leader troppo vicino a gruppi estremisti come la Fratellanza musulmana. Importante anche il trovarsi (più o meno) sulla stessa lunghezza d’onda di Israele su questioni fondamentali per gli equilibri regionali, come la necessità di fermare la corsa al nucleare iraniano e la preoccupazione per la guerra civile siriana. Non trascurabili infine gli interessi economici tra i due paesi, resi ancora più stringenti dalla possibilità per Ankara di importare gas metano da Israele. Tanto che, viene ancora notato, negli ultimi mesi Erdogan e i suoi ministri hanno evitato dichiarazioni antisemite e antiisraeliane di cui in passato si erano resi spesso protagonisti.
Dalla riconciliazione ci guadagnerebbero certo tutti. Tra l’instabilità e le divisioni che caratterizzano l’area, potrebbe essere la buona notizia di cui c’è bisogno.
(nell’immagine Peres e Erdogan)
Rossella Tercatin twitter @rtercatinmoked
(15 maggio 2014)