Israele – Alzheimer, una cura è possibile

illana-gozes-3_0Un team di ricerca israeliano potrebbe aver trovato un modo per proteggere le cellule celebrali dall’Alzheimer. Da anni in Israele – e non solo – biologia e medicina hanno cercato una via per contrastare una delle malattie degenerative più diffuse e note, che tocca il 5% della popolazione al di sopra dei 65 anni. Il gruppo di ricerca guidato dalla scienziata Illana Gozes, docente alla Tel Aviv University, ha pubblicato i suoi studi sul numero di maggio del Journal of Alzheimer Disease. Al centro di quello che potrebbe essere un grande passo nella cura dell’Alzheimer, il PNA, un frammento di una proteina essenziale per la formazione del cervello.
“Diversi anni fa abbiamo scoperto che PNA, un frammento di una proteina essenziale per la formazione del cervello, ha dimostrato la sua efficacia in studi clinici di Fase 2 su pazienti con decadimento cognitivo lieve, un precursore dell’Alzheimer – ha spiegato Gozes – Ora, stiamo indagando se ci sono altre nuove sequenze simil-NAP in altre proteine. Questa è la domanda che ci ha portato alla nostra scoperta”.
La ricerca della docente israeliana si è concentrata sulla rete dei microtubuli, una parte cruciale delle cellule nel nostro corpo. I microtubuli agiscono da sistema di trasporto all’interno delle cellule nervose, portando proteine essenziali e consentendo le comunicazioni cellula-cellula. Ma nelle malattie neurodegenerative come l’Alzheimer, la SLA, e il Parkinson, questa rete si rompe, ostacolando le abilità motorie e la funzione cognitiva.
“La NAP opera attraverso la stabilizzazione dei microtubuli, tubi all’interno della cellula che mantengono la forma cellulare. Essi servono da binari per il trasporto del materiale biologico”, ha sottolineato la scienziata. “Questo è molto importante per le cellule nervose, perché hanno processi lunghi e altrimenti collasserebbero. Nell’Alzheimer questi microtubuli si rompono. I frammenti di proteine appena scoperti, proprio come la NAP prima di loro, lavorano per proteggere i microtubuli, proteggendo così la cellula”. Dai test, ricorda poi la Gozes, “abbiamo chiaramente osservato l’effetto protettivo del trattamento. Abbiamo inoltre assistito agli effetti di riparazione e protettivi di totalmente nuovi frammenti proteici derivati da proteine essenziali per la funzione delle cellule, in colture di tessuti e su modelli animali”. La ricerca, stando al team di scienziati israeliani, potrebbe aprire un nuovo fronte nella creazione di medicinali per il trattamento dell’Alzheimer.

(19 maggio 2014)