“Un viaggio che lascia il segno”
Quale l’effetto della visita di Bergoglio in Israele nei rapporti con il mondo ebraico? Sul numero di giugno del mensile dell’ebraismo italiano Pagine Ebraiche in distribuzione un dossier che raccoglie le riflessioni a caldo di tre esponenti del rabbinato (rav Giuseppe Momigliano, rav Riccardo Di Segni, rav Joseph Levi) e con interventi dell’ambasciatore d’Israele presso la Santa Sede Zion Evrony, del diplomatico Sergio Minerbi e del vaticanista Carlo Marroni. Sulla prima pagina del giornale, inoltre, un editoriale del presidente UCEI Renzo Gattegna dedicato al dialogo interreligioso e una sfida da portare avanti “nonostante i problemi”. Significative anticipazioni del dossier sono apparse nelle scorse ore sul quotidiano della Santa Sede L’Osservatore e su La Stampa (sezione Vatican Insider).
La preghiera al Kotel (il Muro occidentale del Tempio di Gerusalemme), il raccoglimento davanti alla tomba di Theodor Herzl, l’omaggio alle vittime del terrorismo, la commemorazione allo Yad Vashem. Ma anche la sosta, che molto ha fatto discutere, davanti alla barriera di sicurezza che separa lo Stato di Israele dai territori amministrati dall’Autorità Nazionale Palestinese. Tanti i momenti della missione di Bergoglio che hanno lasciato un segno tra gli ebrei italiani.
Solleva forti dubbi il rabbino capo di Roma Riccardo Di Segni. “L’aspetto che più mi ha colpito di questo viaggio è la confusione sistematica che è stata fatta tra gli aspetti religiosi e politici. Se da un punto di vista dialogico vi è stata da parte del papa l’importante conferma di una disponibilità al confronto – afferma il rav – per quanto concerne il secondo ambito non sono mancati messaggi poco chiari e tendenziosi”. Due in particolare le iniziative che hanno lasciato perplesso Di Segni: la decisione (fuori programma) di recarsi al muro divisorio e l’invito a una preghiera per la pace da tenersi prossimamente in Vaticano che è stato rivolto a Shimon Peres e Abu Mazen e che sarebbe stato accettato da entrambi per il prossimo 6 giugno (anche se la data non è ancora ufficiale). “Con tutte le buone intenzioni – sottolinea il rav – il Vaticano è parte in causa in questo conflitto e non può ergersi a mediatore super partes. Trattandosi inoltre di un incontro religioso sfuggirebbe il significato della presenza di una figura chiaramente laica come quella di Peres, che non mi sembra un assiduo frequentatore di luoghi di preghiera e che mi sorprenderebbe iniziasse a esserlo a casa del papa. È un’impostazione alla quale guardo non soltanto con perplessità ma che trovo anche pericolosa”. Critiche anche per la scelta di farsi riprendere, nella Piazza della Mangiatoia a Betlemme, mentre sullo sfondo appariva in forma di murales l’immagine di un bambinello coperto con la kefiah, il simbolo per eccellenza della rivolta palestinese contro Israele. “Se si vuole sostenere la pace con forzature e falsificazioni storiche – chiosa – siamo davvero fuori strada”.
Ad intervenire anche il presidente dell’Assemblea Rabbinica Italiana Giuseppe Momigliano. “Nella sosta al muro divisorio non vedo un problema in sé, quanto nella sua interpretazione e strumentalizzazione da parte di terzi. In generale – spiega il rav – mi sembra piuttosto evidente che l’azione di Bergoglio fosse finalizzata a curare in modo equidistante i rapporti con i leader israeliani e con quelli palestinesi. E ciò può anche non essere un male”. A impressionare il presidente Ari il significativo contenuto politico della missione. Ma, ammonisce, potrebbe essere stata più una forzatura dei media nel ricevere e interpretare il messaggio di Bergoglio “quanto una reale intenzione del papa”. Venendo a una dimensione più spirituale, l’apprezzamento va soprattutto all’incontro con Peres e al richiamo formulato da quest’ultimo per una comune promozione dei valori, “specie nell’incontro con Israele e con il mondo ebraico”. Allo stesso modo rilevante sarebbe anche il discorso tenuto allo Yad Vashem con un richiamo all’uomo che viene definito “di impatto universale” e con gesti che hanno accompagnato il suo intervento, come la decisione di baciare le mani ai sopravvissuti alla Shoah, con riflessi di grande emozionalità nell’opinione pubblica. “Si tratta di un gesto d’impatto – conclude il rav – ed è notevole, parlando di Shoah, il riferimento all’interrogativo ‘Adamo dove sei?’ che deve necessariamente scuotere le coscienze quando ci si trova a toccare l’orrore più profondo quale fu lo sterminio del popolo ebraico”.
Molto positivo il bilancio del rabbino capo di Firenze Joseph Levi, che ha visto nell’abbraccio con il rabbino Skorka e l’imam Omar Abboud davanti al Muro Occidentale la manifestazione di un progetto che affonderebbe le sue radici nel sogno che fu di Giorgio La Pira, il sindaco cattolico “santo” che rivoluzionò il concetto di dialogo prima nella sua Firenze e poi in un più ampio contesto. “Il progetto mi sembra per molti versi simile: il comune riconoscimento da parte delle tre religioni monoteiste nella figura di Abramo, colonna portante e punto di riferimento del dialogo interreligioso. Lo stesso dialogo – spiega Levi – che si vorrebbe far diventare il punto di partenza per la risoluzione dei problemi politici. Un discorso che vale per il Medio Oriente ma anche per tante altre difficoltà che sembrano caratterizzare i nostri tempi”. La sfida appare ardua e complessa ma il rav dimostra di crederci. D’altronde, sostiene, sono ormai alcuni anni che movimenti interreligiosi composti da ebrei e musulmani “si incontrano per confrontarsi sulle tematiche più varie” e per trovare una via d’uscita “ai tanti punti ancora irrisolti”. In queste ore la mente è così tornata a un’esperienza che vide protagonista lo stesso rav Levi nel lontano 1968 ad Hebron, davanti alla tomba di Abramo, per un momento di raccoglimento cui parteciparono, oltre a La Pira, rappresentanti istituzionali del mondo arabo (sia cristiani che musulmani) così come esponenti della politica israeliana. “Credo profondamente nel dialogo – conclude il rav – e sono convinto che da Bergoglio siano arrivati stimoli che sbaglieremmo a non raccogliere”.
Adam Smulevich twitter @asmulevichmoked
(1 giugno 2014)