Nugae – Luoghi comuni
Dopo aver confermato la partecipazione a una marcia per salvare Tyrion Lannister quando ancora il suo destino era incerto e aver così rinunciato per sempre a essere una persona che guarda solo serie televisive indipendenti in danese sottotitolate, era il prossimo passo. Questa, secondo un altro evento nato e cresciuto su facebook, è la Settimana mondiale del luogo comune. Praticamente, sette giorni in cui mostrare al mondo la propria pseudo saggezza pop con compiacimento e allo stesso tempo ostentare senso di superiorità. Insomma, non ci crede nessuno che se sei bravo in greco andrai alla grande anche in matematica. In ogni caso un successone, che per alcuni sfocia nel disturbo ossessivo compulsivo. Uno dopo l’altro si materializzano a distanza di millesimi di secondo proverbi dall’origine incerta e frasi talmente ripetute che ormai ci si crede quasi. Tra i contributi più popolari campeggiano la disillusione sul fatto che si stesse meglio quando si stava peggio e gli stereotipi sul nord Europa e i suoi cittadini. Ora, tralasciando la fantasiosa varietà a cui attingere riguardante l’ebraismo che la storia ha prodotto, analizzare i luoghi comuni che l’ebraismo stesso genera è un esperimento antropologico decisamente più divertente. Credenza recente:“l’yiddish non lo parla più nessuno”. E invece per una fanatica delle lingue morte ecco la rivalsa: giusto in questi giorni alcune intercettazioni telefoniche di conversazioni proprio in yiddish che nessuno sapeva tradurre hanno fatto incorrere nell’annullamento di un processo newyorchese riguardante corruzione galoppante e contortissimi scandali politici. E per rimanere in tema, da immaginare accompagnato da sguardo compassionevole: “Stasera mi tengo leggero, tu non sai cosa vuol dire andare a cena da una nonna ashkenazita”. No, ma so cosa vuol dire andare a cena da una nonna tripolina: la stessa cosa, ma con molto, molto più olio. Altra diceria alimentare: “beh ma comunque una settimana senza pasta e senza pane alla fine depura”. Vano tentativo d’indorare l’insipida pillola: tanto con tutti i fantasiosi cibi alternativi e sbriciolosi più che altro la depurazione serve dopo Pesach. E la matzah non sa di niente lo stesso. Capitolo a parte meriterebbero i luoghi comuni della vacanza in Israele. Primo tra tutti: “Sì fa caldo, ma è caldo secco. È diverso”. Ma per favore, a Eilat ci sarà pure il deserto ma si muore tanto quanto a Tel Aviv, solo coi capelli meno crespi. Quello che al contrario proprio non è un luogo comune, è che invece nel lontano nord il caldo non sanno proprio cosa sia. Accidenti, vado a prendere il plaid.
Francesca Matalon, studentessa di lettere antiche twitter @MatalonF
(22 giugno 2014)