Eyal, Gilad, Naftali. I loro nomi per dire: La pace si fa con i fatti
Eyal, Gilad, Naftali. Grida i nomi dei tre adolescenti israeliani rapiti dai terroristi palestinesi il titolo di testa che apre il nuovo numero del giornale dell’ebraismo italiano Pagine Ebraiche in distribuzione nei prossimi giorni. L’immagine scelta dalla redazione per simboleggiare queste drammatiche giornate di tensione, ma anche la speranza della loro immediata liberazione, è quella delle tre madri dei ragazzi abbracciate.
“È una stagione – si legge nel testo d’apertura – quantomai difficile e delicata, ma soprattutto crudele, per la negazione di ogni speranza e di ogni prospettiva di confronto, per la mancanza di rispetto di ogni elementare regola del vivere civile, per l’attacco a freddo a giovani civili, indifesi e disarmati. Una stagione dura per il brusco risveglio dal breve conforto di spiritualità e di comprensione conquistato nel corso della preghiera comune che si era svolta in Vaticano solo pochi giorni prima. Certo, le parole di pace e le dichiarazioni di buone intenzioni non sono mancate. Ma mai come oggi la realtà ci costringe a ricordare che la pace da un punto di vista ebraico non è uno slogan, non è una parola, non è una formale dichiarazione di intenti. È un fatto. È un’azione tangibile e chiara. La pace non è la semplice, empirica constatazione di una temporanea assenza di conflitti, è la concreta volontà di superare i conflitti, di rigettare la violenza e la prevaricazione. A chi ha pronunciato, ieri, sincere parole di pace, si presenta oggi una sfida difficile e si offre un’occasione nuova. Passare dai gesti simbolici ai fatti, compiere ogni sforzo perché la pace diventi realtà e non sia solo vana speranza”.
All’interno, fra le numerose opinioni, anche quella del politologo e demografo Sergio Della Pergola, che sferra un duro attacco alle ambiguità della politica italiana nei confronti del rapporto con il mondo ebraico e con Israele. “Con il rapimento nella zona di Gush Eziòn di tre giovani studenti, pedoni, civili e disarmati – afferma fra l’altro l’illustre studioso puntando il dito sulla pochezza della retorica politica italiana e prendendo spunto da alcune dichiarazioni del sindaco di Napoli Luigi De Magistris – si è creata una nuova opportunità per capire la vera natura” del mondo politico italiano. “Se De Magistris, per esempio, vuole compiere il suo dovere di democratico, e in particolare di primo cittadino di un grande centro della civiltà mediterranea, ci aspettiamo da lui una chiara, inequivocabile e incondizionata dichiarazione di condanna nei confronti dei rapitori dei tre ragazzi israeliani e dell’ideologia fondamentalista che sta a monte di questo gesto di criminalità politica. Chi ha detto che bisogna liberare tutti i prigionieri politici, nomini esplicitamente i nomi dei tre ragazzi. Magari offra alle loro famiglie la cittadinanza onoraria di Napoli. Se invece non fosse in grado o non volesse esprimere una tale presa di posizione, in primo luogo dimostrerebbe di avere un rapporto falso e anche antitetico rispetto alla piattaforma di democrazia, legalità e uguaglianza sulla quale è stato eletto. E, peggio, dimostrerebbe definitivamente di non essere un uomo di giustizia, ma un silenzioso fiancheggiatore degli atti di terrorismo”.
(23 giugno 2014)