vendetta…
“Dio vendichi il loro sangue, Hashem Inkom Damam”. Questa espressione accompagna ormai da cinque giorni il nome di Gilad, Naftali ed Eyal, i tre ragazzi rapiti ed uccisi da Hamas. Dio vendichi il loro sangue. Un frase che fa gelare il sangue ma che in realtà porta con sé, nel dolore più tragico, un profondo insegnamento per ogni cuore che si definisca umano. La vendetta non è un diritto dell’uomo, la vendetta non è nelle nostre mani e non può mai essere un atto giustificato. Hashem, Dio, vendicherà il loro sangue. Noi rimettiamo a Lui gli atti di misericordia e gli atti di giustizia, noi ci fermiamo stringendo i pugni della nostra legittima rabbia davanti al confine della umana comprensione e del giusto agire e diciamo: “Dio vendichi il loro sangue”. A Lui l’onnipotenza di un giudizio che se dovesse passare per mani umani sarebbe fonte di giustizie sommarie, di atti riprovevoli, di tragedie e lutti che non riparerebbero questo mondo ma lo farebbero crollare in un abisso di violenza. Dio vendichi il loro sangue significa ammettere che come uomo ho il dovere di perseguire la giustizia nei tribunali, attraverso le leggi, ma che non posso seguire la strada delle vendetta. Nel dolore che provo come ebreo, come israeliano, come figlio delle culture di Occidente mi sono rifugiato nella lettura trovando conforto, per quanto possibile, in due autori: il poeta Haiim Nachman Bialik ed Eduardo De Filippo. Il primo nella poesia che scrisse all’indomani dei pogrom di Kishniev del 1903, durante i quali molti ebrei furono feriti e 49 morirono assassinati scrisse: “Maledetto colui che dice: “Vendicati!” Una vendetta del genere, la vendetta del sangue di un bambino piccolo non è stata ancora creata dal Satan”. Ed Eduardo nell’opera Il Sindaco del Rione Sanità, fa dire al Sindaco mentre schiaffeggia un malavitoso che invita l’amico alla vendetta trasversale: “Spara isso a tè? E nun fernesce cchiù? ‘O vuli-te capi che ‘a vita se rispetta? Io sparo a tè, tu spari a me… poi escono in mezzo i fratelli, i cognati, ‘e paté, ‘e zie… una carneficina: ‘a guerra!” Non voglio né guerre né dare spazio al Satan. Voglio che lo Stato Democratico in cui vivo, Israele, applichi la giustizia che ci è data applicare e mi faccia vivere in sicurezza e voglio che Hashem vendichi il sangue di Gilad, Naftali ed Eyal. Ma nessuna mano umana agisca per vendetta, perché la vendetta non è un affare umano.
Pierpaolo Pinhas Punturello, rabbino
(4 luglio 2014)