Israele – L’angoscia degli Italkim corre sui social network
La paura, l’incredulità, la rabbia. Ma anche l’ironia come strumento di autodifesa da chi vorrebbe uccidere, prima di tutto, la voglia di vivere e ogni certezza. Corre sui social network l’angoscia degli italkim, la comunità degli italiani di Israele, alle prese in queste ore con le nuove minacce di Hamas e con le sirene che tornano a suonare in tutto il paese.
Facebook diventa così una valvola di sfogo ma anche un mezzo per sensibilizzare la rete sul dramma che vive la popolazione israeliana. I post si susseguono nella notte e aggiornano amici e parenti ancora più tempestivamente dei giornali. Tutto in presa diretta: lanci di missili, corse verso i bunker, fine dell’emergenza, nuovi allarmi.
“Sirene a Raanana. Ti si gela il sangue” commentava ieri sera Daniel G. quando il fuoco dalla Striscia iniziava a farsi sempre più intenso. Sensazioni di forte insicurezza anche nei post di Benedetta R. (“Ne ho studiate di guerre. Ora mi ritrovo in una guerra e non sono mai stata più impreparata e impaurita”) e di Simone Somekh, che parlava di “rabbia impotente” e “attesa agghiacciante”. Non facendosi però del tutto sopraffare dagli eventi: “Tra una corsa in rifugio e l’altra – sottolineava infatti Simone – normalizzo il terrore ripassando per l’esame di domani e chiacchierando di rigatoni con le due italiane più fenomenali con cui potessi condividere una serata così folle”.
A ricordarci come le insidie stiano protraendosi nel tempo è Gavriel Zarruk, che all’ora di colazione posta: “Stamani altri missili lanciati su Tel Aviv. Di volata nei bunker”. Ci scherza sopra la giornalista Manuel Dviri, che commenta: “Anche i razzi hanno gli orari di lavoro: cominciano alle otto”.
Attacca invece il mondo dell’informazione Tana A. che, a proposito dell’attentato sventato nel kibbutz di Zikim, scrive: “Immaginate: vivete in un paesino sul mare (Santa Margherita Ligure? Pozzuoli?) e cinque loschi figuri spuntano dalle acque. Turisti sprovveduti? No. Sono armati. Vogliono entrare nelle vostre case e fare fuori voi, i vostri consorti, i vostri bambini. Per fortuna l’esercito del vostro Paese li intercetta e li fa fuori. Vi piacerebbe se succedesse davvero? No, vero? E pensate: sui tg internazionali questa notizia non la sentirete”.
A beneficio degli utenti di Facebook Daniela Fubini si produce intanto in un decalogo-denuncia che racconta, con garbo e allo stesso tempo con grande efficacia, la vita di un cittadino israeliano alle prese con le azioni terroristiche di Hamas. Eccolo: “Uno: dormire con la finestra aperta per sentire la sirena se suona. Due: mettere il pigiama il più tardi possibile che mica tutti i vicini devono vedere se ha i fiorellini o i cuoricini. Tre: cellulare sempre in carica, sia mai che devo stare tanto al riparo. Quattro; borsa con acqua, cracker, mandorle e fazzoletti accanto alla porta. Cinque: doccia superveloce che neanche in campeggio, sia mai che la sirena suoni proprio fra shampoo e balsamo. Sei: stendere il bucato in casa sullo stendino invece che sui fili fuori. Sette: decidere dove andare a cena o dopocena in base alla presenza di un rifugio (netta preferenza per i seminterrati). Otto: ringraziare il cielo per aver abbandonato il turismo, che domani sarei disoccupata. Nove: tenere il conto degli amici che vengono richiamati (cèlo/manca). Dieci: decidermi a leggere davvero qualche Tehillim (Salmi), che non farà male”.
a.s twitter @asmulevichmoked
(9 luglio 2014)