“Ebrei e musulmani insieme contro il fanatismo religioso”
La normalità dei rapporti con i musulmani è quella di un rapporto di amicizia, quando non prevale il fanatismo o quando non prevale il preconcetto. E con alcuni gruppi di musulmani che vivono in Italia, abbiamo instaurato un vero rapporto di collaborazione che tende – o si illude di tendere – a emarginare le fazioni islamiche radicali fondamentaliste integraliste”. Così il presidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Renzo Gattegna in una intervista rilasciata a Fabio Colagrande di Radio Vaticana. L’intervento è stato trasmesso in forma integrale alle 13.10.
In occasione della fine del Ramadan il presidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, Renzo Gattegna, ha inviato un messaggio augurale alle comunità musulmane del Paese. “Sono giornate difficili – afferma Gattegna – che ci vedono in tensione per quanto accade in Medio Oriente e che ripropongono con urgenza la sfida di un dialogo interreligioso che non può prescindere da una maggiore consapevolezza dei valori e dei destini comuni. Ebrei e musulmani devono infatti camminare al fianco e insieme contribuire al progresso della società italiana. Società in cui l’apporto di ogni singolo individuo concorre alla realizzazione di un mosaico ricco di sfaccettature e opportunità. L’impegno è pressante: lavorare per un’autentica fratellanza che possa saldarsi con altre esperienze già consolidate all’interno del tessuto nazionale”. Una iniziativa di dialogo interreligioso che Renzo Gattegna commenta così al microfono di Fabio Colagrande:
È un’iniziativa che si ripete ogni anno: per noi, la normalità dei rapporti con i musulmani è quella di un rapporto di amicizia, quando non prevale il fanatismo o quando non prevale il preconcetto. E con alcuni gruppi di musulmani che vivono in Italia, noi abbiamo instaurato un vero rapporto di collaborazione che tende – o si illude di tendere – a emarginare le fazioni islamiche radicali fondamentaliste integraliste; e il modo migliore, secondo noi, per depotenziare queste forze più pericolose, più eversive è quello di dare un esempio di dialogo interreligioso, di collaborazione verso una convivenza pacifica. E alcune comunità islamiche in Italia sono d’accordo con noi, che questa sia la strada che dobbiamo perseguire.
Quanto vi preoccupano le scritte antisemite apparse recentemente sui muri di Roma? Che sintomo rappresentano, secondo lei?
Guardi … scritte contrarie agli ebrei e scritte contrarie allo Stato d’Israele sono ricorrenti: capita molto spesso di doverle leggere. Noi ci siamo organizzati, insieme al Comune di Roma, con un servizio che fotografa per documentare queste scritte e poi si interviene per la cancellazione, per evitare che si accumulino a centinaia. Ogni volta che si alza il livello del dibattito, le scritte appaiono: quindi, possiamo dire che è un fenomeno minore perché se l’ostilità verso gli ebrei o verso lo Stato d’Israele si sfoga attraverso scritte sui muri, è una cosa controllabile, è una cosa riparabile in breve tempo. Quello che noi riteniamo vada coltivato è il dialogo interreligioso, la possibilità per gli ebrei di esprimere la loro cultura, la loro storia e tutto ciò che ha riguardato i fatti del passato e che ha coinvolto fortemente anche l’Italia e la storia italiana, perché la storia della presenza ebraica in Italia risale a 2.200 anni fa. Quindi, la comunità ebraica in Italia è una delle comunità fondanti della nazione italiana.
Papa Francesco ha affermato che è una contraddizione che un cristiano sia antisemita: sono parole a volte trascurate…
Non sono trascurate da noi: per noi hanno una grande importanza. Sono più di 50 anni che i rapporti tra cattolici ed ebrei sono in continuo miglioramento. Siamo entrati in una fase positiva: da Giovanni XXIII in poi. Dal Concilio Vaticano II in poi i rapporti hanno preso un andamento positivo che noi siamo molto impegnati a mantenere, perché lo riteniamo qualcosa di prezioso per l’Italia. Quindi, una frase del genere detta dal Papa ha il suo enorme peso per tutti i fedeli cattolici che poi affluiscono a milioni ad ascoltare le parole del Papa, e ci dà la conferma che dobbiamo proseguire su questa strada.
Lo scorso 8 giugno, lei aveva partecipato all’invocazione di pace nei Giardini Vaticani, voluta da Papa Francesco. Quel giorno sembra lontano, e da allora tanto sangue è stato versato in Terra Santa…
Meno lontano di quanto sembri, perché il rapporto tra lo Stato d’Israele e la componente palestinese che fa capo ad Abu Mazen rimane una speranza di dialogo e una speranza di pace. Perché Abu Mazen rappresenta il gruppo palestinese che sta tentando di costruire in Cisgiordania uno Stato palestinese che abbia la capacità di dialogare con lo Stato di Israele. Io ho visitato Israele circa un mese fa, però prima che esplodessero i fatti bellici; e ho avuto, accompagnato dal sindaco di Gerusalemme, la fortuna di poter vedere diverse iniziative che sono prese in comune fra ebrei e musulmani, sui quartieri di confine di Gerusalemme dove vivono in una convivenza pacifica famiglie ebree e famiglie musulmane. E ho visto diverse iniziative rivolte ai giovani e alle donne, per cercare di far tesoro del patrimonio culturale di entrambe le religioni e per educare i giovani ad una convivenza costruttiva.
(31 luglio 2014)