Israele – Voti scomodi e tensioni interne
Dopo il parlamento britannico e il governo svedese, anche la Francia metterà ai voti la decisione di riconoscere lo stato di Palestina. Il prossimo 28 novembre, su proposta del partito socialista, i parlamentari francesi si riuniranno per votare una mozione simile a quella presa a metà ottobre a Westminster: “si invita il governo francese ad agire per il riconoscimento dello stato palestinese come strumento per ottenere la definitiva risoluzione del conflitto”, scrivono i proponenti. Notizia che non piacerà al governo di Gerusalemme che aveva già definito “inutili e dannose” le prese di posizione britanniche e svedesi. “Ogni atto unilaterale è d’intralcio alla pace”, aveva dichiarato il ministro degli Esteri Avigdor Lieberman. Sul voto di Parigi al momento nessun commento, cosa comprensibile vista la tensione che si vive in queste ore in Israele. La scorsa notte sono state attaccate a poche ore di distanza una moschea e una sinagoga. Alla prima, nei pressi di Ramallah, è stato appiccato fuoco, contro la seconda è stata lanciata una bomba incendiaria. La polizia israeliana sta indagando su entrambi i gravi episodi per trovare i responsabili. E intanto la giustizia d’Israele fa il suo corso e un’altra tragica vicenda torna a far parlare di sé: l’uccisione di un giovane manifestante palestinese a Betunia (nella West Bank) lo scorso 15 maggio. Oggi la polizia del distretto di Giudea e Samaria ha arrestato un agente di polizia di frontiera e il suo comandante con l’accusa di omicidio. Secondo le indagini, il poliziotto avrebbe sparato con proiettili veri – nonostante nelle ricostruzioni iniziali si parlasse solo di colpi a salve o di uso di proiettili di gomma per disperdere i manifestanti – ferendo a morte il ragazzo. Il suo superiore sarebbe stato a conoscenza dell’accaduto e non avrebbe fatto rapporto. Da qui l’arresto di entrambi, segno di come, nonostante le continue accuse, la giustizia israeliana non possa essere tacciata di faziosità. Un portavoce della polizia, in ogni caso, ha sottolineato come le indagini siano ancora in corso e l’arresto di un sospettato non significhi colpevolezza.
Chi invece continua a far salire la tensione con le sue dichiarazioni è il presidente dell’Autorità nazionale palestinese Mahmoud Abbas. Secondo quanto riportano i media, Abbas ha affermato che i palestinesi non permetteranno agli estremisti israeliani di “contaminare” il Monte del Tempio (o Spianata delle moschee), e che permettere agli ebrei di pregarvi rischierebbe di far scoppiare una guerra religiosa globale. Parole considerate irresponsabili da Gerusalemme, vista la situazione di massima tensione che si vive nell’area. Secondo il ministro della Difesa israeliano Moshe Yaalon l’atteggiamento di Abbas è stato uno dei fattori dell’ondata di violenza di questi giorni, compresi gli attentanti. “Sta guidando una campagna di terrore – ha denunciato Lieberman alla radio israeliana – il suo istigare è più pericoloso e incendiario di quello di Hamas”.
d.r.
(12 novembre 2014)