Israele – L’impegno contro Ebola
In prima fila per aiutare l’Africa

Ebola dottore“Vogliamo ringraziare Israele per il suo generoso contributo per fermare Ebola e per aver capito come i bambini siano particolarmente vulnerabili nel corso delle emergenze”. Così il presidente del Fondo americano per l’Unicef (United Nations Children’s Fund) Caryl Stern ha voluto ringraziare le autorità israeliana per aver finanziato l’impegno dell’organizzazione nella lotta all’epidemia di Ebola che ha colpito alcuni paesi africani con una cifra pari a 8,75 milioni di dollari. Si tratta del più grande finanziamento fino ad ora stanziato da un singolo paese sul fronte della cura e prevenzione della diffusione della malattia che ad oggi ha causato 6,900 vittime e ha contagiato 19mila persone. Liberia, Sierra Leone e Guinea tra i paesi più colpiti, dove il Ministero degli Esteri di Israele ha inviato negli scorsi mesi tre cliniche mediche di emergenza con l’obiettivo di formare gli operatori sanitari locali con gli strumenti al momento disponibili per contrastare l’epidemia. Nelle zone colpite, sono stati inoltre inviati dal governo di Gerusalemme e da altri enti israeliani aiuti umanitari e strumentazione medica d’avanguardia. Le istituzioni israeliane si sono dunque distinte da tempo nella lotta contro Ebola. “Anche se ci sono stati dei progressi nel controllo della malattia – spiega Stern, nel suo ringraziamento a Gerusalemme – c’è ancora molto da fare per sradicare la malattia e per provvedere alle cure mediche dei bambini, le cui vite sono state sconvolte dall’epidemia”. “La donazione israeliana – ha continuato Stern – non poteva arrivare in un momento migliore, proprio mentre l’attenzione del mondo sulla crisi umanitaria sta calando. Questo è un investimento non solo per combattere ora il virus ma anche per garantire sul lungo periodo la salute e il benessere dei bambini e delle famiglie nell’Africa Occidentale”.
Dopo tanto quanto infondato allarmismo nei paesi occidentali, su Ebola ora sembra caduto il silenzio ma la malattia rimane un problema grave per le popolazioni colpite. Non cadiamo nel disinteresse, denunciava sulle pagine del Times of Israel Sally Oren, ambasciatrice dell’organizzazione no profit IsraAid (Israel Forum for the International Humanitarian Aid – organizzazione internazionale impegnata con interventi umanitari nel mondo e che riunisce realtà israeliane ed ebraiche). Proprio IsraAid si è impegnata negli scorsi mesi ad avviare un progetto di informazione e sensibilizzazione sul caso Ebola. Sono stati inviati sul campo, in diversi villaggi africani colpiti dal virus, team di supporto medico e psicologico alle popolazioni locali. Tra le battaglie da perseguire, non solo il contrasto a posteriori della malattia – contratta negli ultimi mesi da oltre 8mila persone, di cui la metà deceduta – ma anche la prevenzione: dare alle persone le informazioni fondamentali per evitare, per quanto possibile, il contagio. Per intenderci, Ebola si trasmette attraverso il contatto diretto con i fluidi corporei infetti di una persona malata e quindi attraverso il contatto col sangue, la saliva, lo sperma, il vomito, le lacrime, l’urina, le feci e il latte materno. Conosce bene come agisce il virus, il virologo israeliano Leslie Lobel (nell’immagine), dell’Università di Ben Gurion, impegnato da 12 anni in Africa nel cercare un vaccino che fermi Ebola. “Questa crisi in realtà è semplicemente una conseguenza naturale – dichiarava Leslie, che con il suo team sta lavorando con i sopravvissuti al virus in Uganda per cercare di isolare un possibile vaccino – il risultato del fatto che il mondo, quando si tratta di combattere infezioni, cade in letargo. Il percorso e lo sviluppo di questo virus non è stato monitorato a sufficienza”. Dai tre ai cinque anni la previsione di Leslie per vedere possibili risultati del suo lavoro. Intanto l’impegno per informare e tutelare la salute delle popolazioni dell’Africa Occidentale deve rimanere alto. E l’esempio arriva da Israele.

Daniel Reichel

(nell’immagine il medico Leslie Lobel dell’Università di Ben Gurion, da 12 anni impegnato in Africa nel contrastare il virus Ebola)