[Se‐gni], l’arte al servizio del dialogo

Pag 7 Taglio alto - Mostra segniLa leggerezza delle piume di Alfredo Pirri, l’inconfondibile pecora di Menashe Kadishman, il solco nero sui grigi e ocra brillanti di Tsibi Geva, l’omaggio a Israele di Pietro Ruffo con le sue libellule intagliate nella cartina di Eretz Israel, l’ironia del microscopico ciclista di Ron Gilad. Sono alcune delle opere protagoniste della collezione [Se‐gni] curata da Giorgia Calò e donate da trentasei artisti israeliani e italiani, noti a livello internazionale, per sostenere la causa della Fondazione Italia Israele per la cultura e le arti – IIFCA. Quest’ultima, nata nel 2012 su iniziativa dei governi di Roma e Gerusalemme, si propone di costruire e rafforzare i legami tra Israele e Italia, di combattere pregiudizi e intolleranze attraverso l’arte e la cultura. Ma per farlo, sottolinea il presidente della Fondazione Piergaetano Marchetti, necessita di risorse e da qui la volontà dei trentasei artisti, a cui si aggiunge il progetto ExLibris di David Palterer (che vede il coinvolgimento di autori israeliani come A. B. Yehoshua e Amos Oz) di dare il proprio contributo: l’intera collezione, esposta alla Galleria Riccardo Crespi di Milano dal 18 al 26 febbraio, è infatti protagonista di un’asta di scena l’11 marzo al teatro milanese Franco Parenti, il cui ricavato serve alla Fondazione per dare seguito al suo progetto di diffondere conoscenza e promozione di settori cardine della società come la cultura e l’arte. “È convinzione della Fondazione, e di chi l’ha promossa e se ne occupa – spiega il presidente Marchetti ‐ che la conoscenza, la collaborazione, il dialogo e il confronto nel campo delle arti e della cultura sia un presidio fondamentale per la comprensione reciproca tra popoli, religioni, civiltà. In un momento in cui si moltiplicano i segni del ritorno di odiose e, purtroppo, sanguinose, intolleranze, la missione della Fondazione è fondamentale”. La promozione culturale stimolata dalla Fondazione, si legge nelle atto costitutivo dell’IIFCA, è tesa a valorizzare quel capitale dinamico di arte, bellezza e progettualità in grado di creare lavoro e produrre ricchezza. Elementi pienamente rintracciabili nella collezione [Se‐gni], il cui leitmotiv, spiega la curatrice Giorgia Calò, è la sensibilità dimostrata dagli artisti coinvolti nel volere aiutare la Fondazione. “Sono molto orgogliosa della straordinaria risposta ricevuta da loro – sottolinea la curatrice – siamo di fronte a opere eterogenee, caratterizzate da stili e materiali diversi. Agli artisti storici si affiancano giovani talentuosi, israeliani e italiani. Dipinti, foto, sculture, disegni, incisioni, sono le tecniche prescelte da cui emerge l’identità di ciascuno, la libertà di poter seguire un proprio stile, una propria ricerca. Il segno – da qui la scelta del titolo – diviene così il mezzo con cui gli artisti si rivelano”. Segni diversi ma per un’unica causa, aiutare l’arte attraverso l’arte, e l’asta del teatro Franco Parenti – come sottolinea nel catalogo della collezione Raphael Ganzou, vice direttore generale degli Affari Culturali e Scientifici del ministero degli Affari esteri israeliano nonché vice presidente IIFCA – costituisce un momento importante per la Fondazione, con la richiesta ai privati di dare anche loro, così come gli artisti, il proprio contributo. Perché ad esempio si possano ripetere esperienze come la mostra dell’israeliano Tsibi Geva al Macro di Roma, sostenuta dalla Fondazione e curata da Giorgia Calò assieme a Barry Schwabsky. Un’esposizione che ha contribuito alla scelta di Geva come rappresentante di Israele alla prossima Biennale di Venezia. “Dal 2009 collaboro con artisti israeliani – spiega Calò – e in Italia abbiamo sempre trovato un’ottima risposta di pubblico, come nel caso della mostra di Tsibi”. E nel caso di [Sé‐gni], l’identità e la capacità espressiva israeliana si combina con quella italiana, dando un assaggio attraverso la collezione della grande offerta artistica delle due realtà culturali dei paesi. Per questo progetto, inoltre, sono stati coinvolti anche direttori di musei italiani e israeliani, galleristi e collezionisti privati. “Ciò ha permesso la partecipazione di tutto il sistema dell’arte contemporanea – spiega Calò – con la costruzione di un vero e proprio network”, di cui ad esempio hanno fatto parte la galleria Riccardo Crespi di Milano e la galleria Anna Marra Contemporanea di Roma. “È un’iniziativa di assoluto livello – l’apprezzamento di Eldad Golan, addetto culturale dell’ambasciata di Israele in Italia, nella foto durante l’evento milanese alla Crespi assieme alla vicepresidente dell’IIFCA Anita Friedeman (sinistra) e a Giorgia Calò ‐ segno di come dalla collaborazione possano nascere belle e importanti iniziative, volte alla diffusione e allo scambio tra le due realtà, quella italiana e quella israeliana”. Uno scambio come quello ideato da David Palterer per il suo ExLibris, che si propone di integrare forme artistiche diverse ricorrendo alla ricchezza della letteratura israeliana. Diciassette libri di autori israeliani di affermata fama sui quali artisti di altrettanto valore sono stati chiamati a intervenire sull’oggetto/ soggetto, elaborando così nuovi linguaggi e tendenze artistiche nella creazione di un’originale opera d’arte.

Daniel Reichel, Italia Ebraica Marzo 2015

(11 marzo 2015)