Qui Gerusalemme – Inter, in campo per l’infanzia
Gerusalemme, una camminata di pochi minuti sulla Rakevet, una delle passeggiate più apprezzate della città lungo quelli che un tempo furono i binari del treno che la collegava al resto del paese, portano dal cuore della capitale israeliana al quartiere arabo di Beit Safafa, al confine tra Est e Ovest. È lì, al confine delle due zone in una transizione molto più dolce che altrove, che si apre il grande campo da calcio. È lì che ha preso avvio l’avventura di Inter Campus a Gerusalemme, con un evento pilota che ha coinvolto decine di bambini arabi ed ebrei, in una giornata magica nel nome dei colori nerazzurri, e soprattutto dei valori dello sport.
Inter Campus, il progetto di responsabilità sociale di FC Internazionale, lavora per aiutare l’infanzia disagiata in oltre venti paesi nel mondo, e dall’estate 2013 ha scelto l’associazione Ghetton come partner per Israele e Territori palestinesi.
Ghetton, nata a Milano nel 2002 organizzando tornei di calcio nell’ambito della Comunità ebraica, è sbarcata anche in Israele da qualche anno con il suo fondatore Yasha Maknouz, portando la stessa passione per il pallone anche sull’altra sponda del Mediterraneo.
Oggi con Inter Campus insegna la gioia di fare sport insieme tra diversi ai quattro angoli della regione, dalla città araba di Jaljulia, al quartiere a sud di Tel Aviv dove vivono molti rifugiati africani e richiedenti asilo, passando per il kibbutz Shfaim, sulla costa poco distante da Herzliya. Il progetto prevede allenamenti settimanali con centinaia di bambini tra i 9 e i 14 anni, e la possibilità di incontrarsi e giocare tutti insieme, ovviamente in squadre miste, una volta al mese. A partecipare al primo incontro a Gerusalemme, tra gli altri, Carlotta Moratti e Edoardo Caldara, rispettivamente presidentessa e direttore generale di Inter campus, Maknouz, due allenatori dell’Inter arrivati dall’Italia per formare i coach locali che seguono i ragazzini tutte le settimane. Dopo le presentazioni e le spiegazioni in tre lingue e mezzo (inglese, ebraico, arabo, con qualche parola di italiano qua e là), è arrivato il momento del gioco, di corsa dietro il pallone, cullato di tanto in tanto dal canto del muezzin della vicina moschea.
L’ambiente perfetto per una partita che l’Inter vuole vincere, quella di portare i bambini assieme, semplicemente con ciò che la squadra nerazzurra può fare per loro, come ha sottolineato Moratti: insegnare a giocare a pallone.
Rossella Tercatin
(15 marzo 2015)