Elezioni in Israele – I numeri che sorprendono
Volti nuovi, sorprese, cadute e risalite: a votare i nuovi membri che popoleranno la Knesset, il Parlamento unicamerale, è stato il 71,8 % degli israeliani, il numero più elevato dal 1999.
Il 13.7% dei cittadini si è recato alle urne durante le prime tre ore di apertura.
Mentre lo spoglio delle schede giunge alla sua conclusione fioccano le prime cifre che ridisegneranno il paese.
I numeri che saltano agli occhi sono di certo quelli che rivelano l’aumento della presenza delle donne nella Knesset che diventeranno 28 (nelle elezioni precedenti del 2013 erano 27 e nel 2009 solo il 21), e quello degli arabi che crescono del 29% (17 membri sederanno in Parlamento contro i 12 del 2013).
Gli ebrei ultraortodossi scendono invece del 36% (25 membri contro i 39 delle elezioni precedenti).
Per far votare i 5,883,365 israeliani che ne avevano il diritto, il paese ha fornito 10.119 urne, di cui 56 in 27 prigioni e 255 negli ospedali.
La Knesset è composta di 120 seggi, il cui numero richiama i 120 saggi che sedevano al Beth Hamikdash, il tempio di Gerusalemme. Per poter governare, la maggioranza dovrà formare una coalizione che coprirà almeno 61 seggi, anche se, per non rischiare di essere troppo debole, dovrebbe raggiungerne tra i 65 e i 70.
I partiti che si sono presentati alle elezioni del 17 marzo sono 25 (il numero più basso dal 1992: due anni fa a presentarsi erano stati ben 32 partiti) e la soglia di sbarramento che si deve raggiungere per poter sedere nella Knesset è del 3,25%.
Ad uscirne vittoriosi dalle elezioni è stato il partito Likud di Benjamin Netanyahu che dai sondaggi preliminari sembrava in calo e che ottiene 30 seggi contro i 20 del 2013 (anno in cui si era candidato con Yisrael Beitenu raggiungendone 31) e il partito Kulanu creato da Moshe Kahlon lo scorso 27 novembre che raggiunge 10 seggi in Parlamento e diventa così un protagonista chiave per la formulazione della coalizione che dovrà essere formalizzata entro le prossime tre settimane.
A crollare, il centrista Yesh Atid di Yair Lapid che passa da 19 a 11 seggi e Yisrael Beiteinu, la destra nazionalista di Avigdor Lieberman che passa da 11 a 6 seggi. Ci rimette anche Shas, il partito degli ebrei religiosi sefarditi nato dall’ispirazione del rabbino Ovadia Yosef che passa da 11 a 7. Una diminuzione dovuta in particolare alla frattura con l’ex uomo di Shas Eli Yishai, che si è presentato a queste elezioni con un proprio partito, Yachad. Una parte dei voti del mondo misrachi sono così convogliati su Yachad, ma non abbastanza da permettergli di entrare alla Knesset.
A fare da opposizione sarà l’Unione Sionista di Yitzhak Herzog e Tzipi Livni (frutto della coalizione tra laburisti e il partito di centro Hatnua) che ottiene 24 seggi.
Da sottolineare il successo dalla forte valenza simbolica della Lista araba, che riunisce sotto il suo cappello tre partiti eterogenei, ed è diventato il terzo partito di Israele con 14 seggi.
Dalle analisi preliminari di Ofer Kening, esperto dell’Israel Democracy Institute, rese pubbliche stamattina risulta inoltre che, dato il numero di sbarramento del 3,25%, 15 partiti rimangono fuori dalla Knesset e che ciò comporta lo spreco del 4,4% dei voti.
Le donne della Knesset saranno 28 (solo nel 2006 erano 17), 8 delle quali fanno parte dell’Unione Sionista e 6 del Likud. Su 120 membri totali della Knesset infine, le elezioni di ieri portano ben 41 facce nuove che siedono per la prima volta in Parlamento.
Rachel Silvera
(18 marzo 2015)