Israele – La sfida di “re Bibi”

king BibiNel maggio del 2012 il noto magazine americano Time dedicò la sua copertina al primo ministro Benjamin Netanyahu: a fianco al suo volto appariva a caratteri cubitali la scritta, “King Bibi”, re Bibi. “Netanyahu è pronto per diventare il più longevo primo ministro di Israele dai tempi di David Ben-Gurion, padre fondatore di Israele. Non ha rivali in patria”, scriveva il caporedattore del Time Richard Stegel nel suo articolo-intervista al primo ministro israeliano. Le elezioni di martedì (16 marzo) hanno dimostrato che la situazione non è molto cambiata: Netanyahu continua a non avere rivali e il suo “regno” – alla copertina del Time replicò, “Israele rimarrà una democrazia, non diventerà mai una monarchia – può proseguire, forte dei trenta seggi (confermati oggi) ottenuti alla Knesset dal Likud, il partito di cui è leader. Un “regno” in realtà complicato da gestire, sottolinea il direttore del Times Of Israel David Horovitz, perché Netanyahu si trova di fronte a un paese diviso: “prenderà atto del fatto che una parte considerevole dell’elettorato è scioccato e sconvolto dai risultati di martedì mentre lui e i suoi sostenitori sono scioccati e felici? Netanyahu cercherà, insomma, di passare da vittorioso leader con l’aria di sfida della destra israeliana a primo ministro della nostra lacerata Israele?”. Su queste pagine non nasconde il suo pessimismo Sergio Della Pergola, demografo e docente dell’Università Ebraica di Gerusalemme che sottolinea come la campagna del premier israeliano – caratterizzata dalla chiusura verso i negoziati di pace con i palestinesi, dall’accusa di un tentativo mediatico e internazionale di esautorarlo dal potere, dal contrasto con la Casa Bianca e dalla delegittimazione degli avversari laburisti, considerati anti-sionisti – abbia evidenziato sempre più i contrasti all’interno della società israeliana. “Tutti questi sono notevoli segnali di un cambio di passo dirigenziale sul piano dei contenuti, – scrive Della Pergola – mentre sul piano del cerimoniale si notano i primi segni di una trasformazione della democrazia in una specie di principato con tanto di dinastia e di corte, almeno a giudicare dai tre vistosi baci alla consorte Sara sul podio del salone della celebrazione elettorale, e dal ringraziamento pubblico alla saggezza dei propri figli”. “La cultura della spaccatura ideologica in un regime di culto della personalità costituisce una transizione preoccupante in una società che ha bisogno urgente di riforme sociali e istituzionali e di arrestare la crescente erosione nei propri rapporti internazionali”, la conclusione di Della Pergola.  
Un uomo solo al comando, scrive su Yedioth Ahronoth l’editorialista Sima Kadmon, in riferimento a Netanyahu, “un mago in fin dei conti”, secondo un’altra firma di Yedioth, Nahum Barnea, autorevole analista israeliano. Tutti sottolineano, senza risparmiare critiche, la capacità di Netanyahu di ribaltare le previsioni e di portare l’elettorato israeliano, anche quello che sembrava essersi allontanato dal Likud, a votare per lui. Non solo il re si è ripreso la corona, scrive ancora Horovitz, ma anche consolidato la sua posizione. “Sarò il primo ministro di tutti”, ha dichiarato domenica scorsa davanti ai suoi sostenitori in una manifestazione a Tel Aviv. “Beh, lasciamo che lo sia”, scrive Barnea.

d.r.

(19 marzo 2015)