Israele – Kahlon e le richieste a Bibi
Dopo la firma e la stretta di mano ieri con il presidente di Israele Reuven Rivlin, Benjamin Netanyahu si è ufficialmente messo all’opera per formare l’esecutivo. Mercoledì sera ha ricevuto dalle mani di Rivlin l’incarico a guidare il prossimo governo ma già da giorni Netanyahu ha messo sul tavolo il bilancino per cercare di trovare un equilibrio all’interno della sua maggioranza. E le cose si sono già complicate: Moshe Kahlon, uomo chiave del quarto governo Netanyahu, ha fatto saltare l’appuntamento previsto per oggi tra la delegazione del suo partito e quella del Likud, il partito del primo ministro. La promessa di quest’ultimo ai religiosi di Yahadut HaTorah di avere la presidenza della Commissione Finanze ha infatti mandato su tutte le furie Kahlon, a cui è stato garantito il ministero proprio delle Finanze. Anche la commissione deve essere affidata a Kulanu, la rivendicazione di Kahlon, i cui 10 seggi sono fondamentali a Netanyahu per avere la maggioranza alla Knesset. “Dopo le mosse politiche del Likud di dividere i posti a scapito degli strumenti necessari ad abbassare i prezzi delle case e ad affrontare il costo della vita – la dichiarazione rilasciata dal partito Kulanu – il presidente del partito Moshe Kahlon, prima ancora che le delegazioni della coalizione si incontrino, ha deciso di annullare l’incontro con il Likud”. La strada scelta da Kahlon per ottenere ciò che vuole è quindi quella più aggressiva. Del resto, come ha scritto Sergio Della Pergola, è lui “la chiave di volta per la formazione del nuovo governo e potrà chiedere a Netanyahu un prezzo quasi illimitato per concedergli il suo appoggio”. E Kahlon ha deciso di battere subito cassa. Su Facebook, il leader di Kulanu ha pubblicato un post che ripete più o meno le parole già rilasciate dal suo partito. “Ho sentito che invece che occuparsi di abbassare il costo delle case e della vita, qualcuno pensa che, per questioni politiche e senza una logica sociale, sia più urgente dividere gli strumenti che sarebbero necessari a farlo”, l’affondo di Kahlon, che sa di avere dalla sua l’appoggio dell’elettorato. Anche molti elettori di Netanyahu infatti hanno rinfacciato al premier di non aver fatto abbastanza per dare risposte ai problemi economici e sociali del Paese, proprio il tema su cui si fonda il successo di Kulanu che ora rivendica per se i posti chiave in queste materie. Un braccio di ferro complicato da gestire per il premier che dall’altra parte deve dare qualcosa anche agli altri partiti, in questo caso ai religiosi di Yahadut HaTorah.
Anche alla destra di Netanyahu c’è chi si da sentire. Naftali Bennett ha fatto sapere di essere pronto a far parte delle fila dell’opposizione nel caso il Likud decida di formare un governo di unità nazionale con l’Unione Sionista. Sono infatti uscite nuovamente su questa possibilità, smentita però dal leader della formazione di centro sinistra Isaac Herzog. Le parole di Bennett appaiono più come un richiamo a Netanyahu: ci siamo anche noi di HaBayt HaYehudì e non rimarremo in seconda fila (vogliono uno tra il ministero della Difesa o degli Esteri). Un avviso a Bibi e ai suoi, dopo che uomini di primo piano del Likud avevano chiarito che i partiti ridimensionati dalle ultime elezioni (HaBayt HaYehudì e Israel Beitenu in testa) dovevano ridimensionare anche le loro richieste. “HaBayt HaYehudì ha un ruolo centrale in un governo del Likud forte, stabile, nazionalista e sotto la mia guida”, la dichiarazione per cercare di gettare acqua sul fuoco da parte di Netanyahu che dovrà gestire nelle prossime ore le patate bollenti Bennett e Kahlon.
d.r.
(26 marzo 2015)