Il futuro degli ebrei nello Yemen

yemenSono circa un centinaio e un mese fa hanno dichiarato di non aver alcuna intenzione di lasciare le loro case e scappare in un luogo più sicuro.
Sono gli ebrei dello Yemen, fortemente legati all’identità ebraica ma con un sentimento di appartenenza yemenita assai radicato. Una comunità il cui futuro desta grande preoccupazione nello Stato di Israele e all’Agenzia Ebraica (pronta da anni a organizzare la loro fuga e a portarli in salvo) e pericolosamente esposta di fronte alla crisi del paese che è giunta al suo apice.
Di due giorni fa infatti la notizia della fuga del presidente Abd Rabbuh Mansur Hadi dopo la presa della città di Aden da parte dei ribelli Huoithi sostenuti dall’Iran il cui motto è “morte all’America, morte a Israele, siano maledetti gli ebrei, vittoria all’Islam”. Mentre Mansur Hadi scappava a bordo di una piccola imbarcazione ha lanciato ‘un appello disperato’ all’Onu per ottenere l’autorizzazione di un intervento militare internazionale; immediata a questo punto la reazione dell’Arabia Saudita che, attraverso raid aerei, vuole fermare i ribelli.
Un conflitto che dimostra essere manovrato dunque da iraniani sciiti e sauditi sunniti le cui motivazioni vanno ben oltre il campo di battaglia. Campo di battaglia che si concentra drammaticamente nella città di Sanaa (verso la quale sono indirizzati i raid per fermare gli Houithi), centro nel quale si ritrovava la comunità ebraica yemenita.
“Non vogliamo andare via – spiegava un mese fa il rabbino capo Yahya Youssef, mentre i ribelli avanzavano – se avessimo voluto farlo ce ne saremo andati da tempo”. Youssef non nega però che la situazione sia critica: “Ci sono alcuni membri della comunità che hanno preferito andare via. La nostra sicurezza è in pericolo”.
E, nonostante, uno dei capi dei ribelli abbia rassicurato il capo rabbino che il problema degli Houthi è con Israele e non con gli ebrei dello Yemen, la tensione è alta e in precedenza la comunità è stata fatta evacuare dalle proprie case e trasferita prima in un hotel poi nella capitale.

Fino al 1948 gli ebrei yemeniti erano oltre 63.000: tra il 1949 e il 1950 il neonato Stato d’Israele organizzò la missione segreta Magic Carpet che fece trasferire nel paese e portò in salvo 49.000 persone. I membri della comunità, fortemente connotata da abiti tradizionali e dalle peoth agli angoli del viso, erano storicamente carpentieri e gioiellieri inseriti pacificamente nelle diverse città del paese. A lanciare l’allarme per la loro salvaguardia era stato qualche anno fa Amnesty International, un avvertimento che ora suona drammaticamente più forte.

Rachel Silvera

(27 marzo 2015)