Abu Mazen studia le sue mosse
Occhi puntati su Losanna. Il governo di Benjamin Netanyahu guarda con attenzione all’evolversi della situazione in Svizzera dove la cordata dei 5+1 (Stati Uniti, Cina, Russia, Gran Bretagna, Francia più la Germania) è seduta al tavolo delle trattative con l’Iran. Oggi scade il termine fissato per raggiungere un accordo con Teheran sul nucleare e a dirsi possibilista su una buona riuscita delle trattative è stato il ministro russo Sergei Lavrov. Una notizia, viste le posizioni più scettiche tenute dallo stesso Lavrov nelle scorse ore. Difficile prevedere per oggi una conclusione dell’accordo di massima, visto anche che il primo incontro odierno tra le sei potenze occidentali e l’Iran è durato solo 35 minuti. Probabile, secondo alcuni analisti, la proroga dei termini fino al prossimo giugno. Tempo in cui Netanyahu proverà nuovamente a intervenire per modificare quello che ha più volte definito un pessimo accordo. E intanto, lontano dai radar dei media internazionali – come scrive Nahum Barnea su Yedioth Ahronoth, il primo ministro d’Israele assieme al ministro della Difesa Moshe Yaalon ha deciso di sbloccare le somme legate alle tasse riscosse in Cisgiordania e destinate all’Autorità nazionale palestinese. Il trasferimento delle tasse era stato fermato tre mesi fa, dopo che il governo dell’Anp, guidata da Mahmoud Abbas, aveva fatto richiesta formale di aderire alla Corte Penale Internazionale (ICC), con l’obiettivo di portare Israele davanti alla Corte per crimini di guerra. Domani 1 aprile l’Autorità palestinese dovrebbe entrare ufficialmente sotto la giurisdizione del Tribunale dell’Aia, cosa che le permetterà di richiedere delle indagini contro Israele su questioni come la costruzione degli insediamenti e l’intervento militare della scorsa estate a Gaza contro il gruppo terroristico di Hamas. Secondo il sito di informazione Ynet, lo sblocco del trasferimento delle tasse verso le casse dell’Anp – decisione della quale gli Stati Uniti si sono complimentati con Gerusalemme – avrebbe come contropartita l’interruzione dell’azione degli uomini di Abbas alla Corte penale. In realtà la decisione di aprire un’indagine, secondo quanto riferito da fonti del Tribunale dell’Aia, è a discrezione del procuratore dell’ICC e non spetta ai palestinesi o ad altri governi.
L’iter burocratico seguito da Abu Mazen per la Corte, in ogni caso, fa parte di quella che Barnea chiama “l’intifada diplomatica”, l’azione palestinese per isolare a livello internazionale Israele usando le armi della diplomazia. Secondo il New York Times le azioni del leader dell’Anp non stanno però riscuotendo i risultati sperati tra i palestinesi della Cisgiordania: sempre più persone, afferma il quotidiano americano in un articolo di Dia Hadid, mettono in dubbio la sua leadership. Il blocco del trasferimento delle tasse – sospeso ieri a causa di una controversia legata al pagamento dell’elettricità da parte dell’Anp a Israele – ha messo in seria difficoltà Abu Mazen, non potendo questi pagare l’elefantiaca macchina burocratica sotto di lui. Una struttura che ha un suo alter ego a Gaza, dove il nome di Abbas non è gradito agli uomini di Hamas. Il governo di unità nazionale, che vede Fatah (fazione colonna portante dell’Anp) e Hamas sedere allo stesso tavolo, non ha portato al momento a nulla, con entrambi gli schieramenti – afferma Hadid – impegnati a favorire lo stallo invece che modificare lo status quo. Per Abu Mazen la strada internazionale è il viatico per superare questa impasse – di cui è considerato responsabile da parte di molti palestinesi, anche della Cisgiordania – e giustificare la sua leadership a distanza di cinque anni dalla scadenza del suo mandato (le ultime elezioni in Cisgiordania si sono tenute nel 2005, il mandato del leader dell’Anp in teoria doveva scadere dopo cinque).
d.r.
(31 marzo 2015)