Basket – I segreti di “mister Nba”
In testa c’è il calcio. A breve distanza segue la pallacanestro. Un abisso separa queste discipline dalle altre opzioni.
Non c’è storia in Israele: la passione popolare si infiamma soltanto per questi due sport, il resto è contorno.
Ma se nel calcio le soddisfazioni sono state finora modeste, e niente di realmente significativo sembra alle porte, nel basket la nazionale, ma soprattutto il Maccabi Tel Aviv, spesso dettano legge. Basta ricordare il trionfo del quintetto gialloblu nell’ultima Eurolega e piazza del Duomo, a Milano, letteralmente presa d’assalto dalla sua festante torcida.
In un paese di pionieri come Israele anche lo sport ha i suoi “olim”. A portare Israele nella mappa del basket fu lo squadrone del ’77 guidato da Tal Brody, americano di nascita ma israeliano d’adozione. La prima Eurolega, il primo tassello nella leggendaria trafila di successi targati Maccabi (ad oggi sei trofei continentali). Una vittoria più forte di ogni ostacolo: di avversari temibili, di tifoserie ostili, di condizioni ambientali complesse dovute anche all’ostracismo della dirigenza del Cska Mosca, che impose la semifinale in campo neutro (si giocò in Belgio) per gli sporchi giochi della politica sovietica in regime di guerra fredda.
Quel giorno segnò l’inizio di un grande amore. Un amore rafforzato, pochi anni dopo, grazie all’intuizione del regista e produttore cinematografico Harik Henig. Fu lui infatti a regalare agli sportivi israeliani la ciliegina sulla torta: le partite della Nba, l’Olimpo del basket, finalmente appannaggio dei circuiti televisivi. Era la Nba del primo Michael Jordan, che proprio allora spiccava il volo candidandosi a guidare i Chicago Bulls più forti di sempre. Duelli e partite indimenticabili, storie di sport che ancora oggi si tramandano nel cuore dei tifosi. In quei giorni un nuovo mondo si apriva al pubblico israeliano, cambiando la percezione del basket nei media e tra gli appassionati. Ma cosa c’è dietro questa impresa? Quali furono le passioni, quali gli uomini, quali le situazioni a muovere i passi decisivi? Henig ha annunciato che presto svelerà tutto in un libro e, conoscendo il personaggio, è lecito attendersi anche una nuova testimonianza d’autore dietro la cinepresa.
D’altronde in questo ambito il regista ha dato prova di sapersi muovere con rara maestria, raccontando ad esempio l’avventura di Omri Casspi, primo cestista israeliano ad approdare in America (il film non a caso si chiama “The Pioneer”), oppure ancora l’epopea del Maccabi nella Final Four di Salonicco del 2007. Oltre a questo Henig è anche impegno politico e sforzo di comprensione della realtà israeliana nelle sue diverse sfumature, come testimonia il documentario di successo “Everything is Personal” incentrato sui rapporti, non sempre semplicissimi, che vi furono tra Itzhak Rabin e Shimon Peres.
Ma torniamo al basket. È il 1984 e il regista prende il volo per gli Stati Uniti per intervistare il nuovo commissario Nba David Stern. Nell’occasione, oltre a Stern, incontra il 21enne Jordan, destinato di lì a poco a diventare per tutti, più semplicemente, MJ (nell’immagine il loro incontro). “Quei giorni hanno avuto un effetto dirompente. Tutto è nato lì” sottolinea Henig. Si attivano così i primi contatti e i primi esperimenti per far sì che la Nba diventi pane quotidiano. Sette anni dopo, in piena Guerra del Golfo, la sfida trova concretezza: Henig sfrutta infatti l’amicizia con Stern e riesce a far trasmettere alcuni match sull’allora sperimentale Canale 2. Il successo è immediato, con centinaia di migliaia di israeliani davanti allo schermo a seguire le gesta dei vari Jordan, Magic Johnson e Larry Bird. Le grandi interviste che seguono fanno immediatamente breccia e rafforzano anche il canale (allora in fase di sviluppo) tra le due federazioni nazionali. E così, con il tempo, non è più una chimera iniziare ad esportare giocatori nel senso di marcia più complicato, con Casspi che nel 2010 – salutato il Maccabi – si accasa ai Sacramento Kings. E in questo clima di nuove opportunità tutto diventa possibile, come risultare appetibili per Amar’e Stoudemire, una delle star Nba, che oltre ad interessarsi di ebraismo e cultura ebraica guarda oggi al campionato israeliano come a una destinazione per il suo finale di carriera.
Adam Smulevich twitter @asmulevichmoked
(6 aprile 2015)