Israele – Kahlon, mano tesa ai laburisti
Sono solo congetture, eppure l’ipotesi di un governo di unità nazionale targato Likud e sostenuto dalla sinistra laburista sembra aver trovato un’ulteriore sponda, quella di uno degli uomini chiave delle ultime elezioni, Moshe Kahlon. Il suo partito, Kulanu, è l’ago della bilancia per la formazione del prossimo governo israeliano grazie ai 10 seggi ottenuti alle elezioni nazionali di metà marzo. Al momento però le trattative condotte dagli uomini del primo ministro Benjamin Netanyahu (leader del Likud, uscito vincitore dalle urne con 30 seggi ottenuti alla Knesset, il parlamento israeliano) sono in una fase di stallo a causa di alcune divergenze con l’alleato apparentemente naturale HaBayt HaYehudì e con lo stesso Kahlon. Quest’ultimo ha fatto capire a Netanyahu di volere per sé e per i suoi, oltre al già promesso ministero delle Finanze, altre posizioni di rilievo in ambito socio-economico, in modo da poter intervenire in modo concreto su alcune problematiche che affliggono la società israeliana come il carovita. Per portare avanti la sua rivoluzione, Kahlon, ex uomo del Likud, vedrebbe di buon grado anche un governo guidato dalla destra del Likud e sostenuto dalla sinistra laburista (guidata da Isaac Herzog e uscita sconfitta alle ultime elezioni). “C’è un motivo se il nostro partito si chiama Kulanu (tutti noi)”, ha affermato oggi in un’intervista alla radio militare israeliana il membro della Knesset Roy Folkman, affermando che il suo partito preferirebbe far parte di un governo di unità nazionale piuttosto che di un esecutivo di destra ma dalla maggioranza risicata. Porte aperte, dunque, ai laburisti da cui arrivano per ora solamente smentite, almeno dai vertici con Herzog a ribadire che il posto dell’Unione Sionista è all’opposizione.
Netanyahu, invece, non commenta ma i suoi lavorano ancora di righello per cercare di trovare le giuste misure al suo governo di coalizione. Dalle ultime indiscrezioni, riportate dal Jerusalem Post, l’idea potrebbe essere quella di rinunciare a un’alleanza con Israel Beitenu, strappando però al partito di Avigodr Lieberman i parlamentari Orly Levy-Abecassis and Sharon Gal. Il primo ministro avrebbe così 63 seggi, due in più rispetto ai 61 necessari per avere la maggioranza alla Knesset. Non proprio una coalizione di ferro ma in questo modo si eviterebbe di dover scendere a patti con Lieberman, che chiede il ministero della Difesa o degli Esteri, generando una reazione a catena di scontenti: Naftali Bennett ha infatti ribadito a Netanyahu che se Lieberman, che ha ottenuto solo sei seggi, avrà uno di quei posti, al suo HaBayt HaYehudì (otto seggi) spettano tre portafogli ministeriali di primo piano. Esautorato l’ex braccio destro Lieberman, il leader del Likud avrebbe quindi più gioco con gli altri alleati. Ma, come affermano Ze’ev Elkin e Yariv Levin, che si occupano per conto del primo ministro di intavolare le trattative con gli altri partiti per la formazione della coalizione, si tratta solo di congetture. Come quelle legate a Kulanu del resto.
d.r.
(7 aprile 2015)