L’accordo sul nucleare iraniano Teheran e l’intesa che non c’è
“Di norma c’è un documento firmato, e dopo le parti discutono sulla sua interpretazione. Qui non c’è una disputa sull’interpretazione ma sul testo. Perché non ci si è ancora accordati su nulla. Non c’è un testo. A Losanna non è stato trovato un accordo”. La posizione espressa dal ministro israeliano dell’Intelligence Yuval Steinitz riflette tutto lo scetticismo del governo di Gerusalemme riguardo l’accordo quadro sul nucleare iraniano. Un accordo annunciato al mondo come storico da molti dei suoi fautori ma che allo stato dei fatti non costituisce ancora un risultato concreto. Lo ha affermato oggi lo stesso ayatollah Khamenei, l’uomo che tiene le redini del regime iraniano, affermando che prorogare il termine per la sigla dell’accordo definitivo oltre il termine previsto (30 giugno) non “è la fine del mondo” e che la prospettiva di uno smantellamento progressivo delle sanzioni è “inaccettabile”. Una condizione invece che le potenze occidentali considerano necessaria per poter siglare l’intesa. Posizioni differenti che supportano la tesi del ministro Steinitz, che ancora non si possa parlare di accordo. Il che lascia una porta aperta anche a Israele per cercare di influenzare nei prossimi mesi le trattative. Concetto espresso dall’ex capo di Stato e politico israeliano Shaul Mofaz sul quotidiano israeliano Yedioth Ahronoth. Mofaz, attraverso le colonne del giornale, chiede al primo ministro di Israele Benjamin Netanyahu di sedersi a un tavolo con il presidente Usa Barack Obama, riallacciare i rapporti e cercare di ricucire un rapporto – mai idilliaco – deteriorato in modo significativo dopo la decisione americana di aprire a Teheran. I timori di Israele sono chiari, come spiega Stenitz in un’intervista al direttore del Times of Israel David Horovitz. “Chi ci dice che l’Iran non sarà una seconda Corea del Nord?”, l’interrogativo del ministro, con riferimento alla violazione da parte del regime coreano del trattato di proliferazione nucleare e l’ottenimento della bomba atomica. Non solo, come fidarsi di Teheran mentre finanzia i ribelli nello Yemen in chiave di fatto anti-occidentale e dichiara apertamente di voler armare la West Bank contro Israele? Secondo Steinitz la politica iraniana non è affatto diventata più morbida con il cambio al vertice tra Ahmedinajad e Rouhani (fautore dell’accordo), anzi si è fatta sempre più aggressiva e una rimozione delle sanzioni economiche legate al nucleare ne accrescerebbe in modo esponenziale la forza e quindi la pericolosità. La richiesta israeliana è chiara: come ha dichiarato il primo ministro Netanyahu, l’Iran non deve avere la possibilità, neanche tra 10 anni di avere un’arma nucleare. Per Steinitz il cambio di strategia della coalizione guidata dagli Stati Uniti è un “terribile errore”: si è passati dal chiedere a Teheran di “smantellare e neutralizzare” il suo programma nucleare a chiedere di “congelarlo e ispezionarlo”. Ancora. Steinitz si domanda come possano gli ispettori dell’Autorità internazionale sul nucleare controllare in modo appropriato l’operato del regime quando non sono a conoscenza di quanto Teheran abbia realizzato fino ad ora e come. La storia del nucleare iraniano è importante, sottolinea il ministro, per poterne ridefinire il futuro.
Intanto al futuro si guarda anche in Iran, come scrive l’agenzia Reuters, che rileva i sentimenti della popolazione, in larga parte fiduciosa sulla possibilità che l’accordo vada in porto permettendo al paese una ripresa economica. “Se non ci sarà l’accordo, la maggior parte degli americani non se ne accorgerà, mentre la maggior parte degli iraniani ne sarà devastata”, afferma Karim Sadjadpour, esperto di Medio Oriente e Iran. Un dato da tenere in conto nei prossimi mesi di trattative.
Daniel Reichel @dreichelmoked