Oltremare – Sayed è tornato

fubiniA Tel Aviv l’estate inizia presto. Quest’anno, mai abbastanza, comunque. Non potendo più lamentarsi del risultato delle elezioni (e non ancora per la formazione del nuovo governo), l’israeliano medio si lamenta con passanti ed amici della lunghezza esasperante dell’inverno appena finito. E si può dire che abbiamo archiviato scarpe chiuse e giacche solo da oggi, dopo il primo bagno in mare.
A dire il vero ero l’unica in acqua, a Tel Aviv, a fine mattinata nel weekend. Non ho ancora capito perché gli israeliani zabar, conducendo vite atermiche – in camicia e pantaloni di tela da gennaio a dicembre (loro), poi invece non gioiscono come me dell’acqua a temperatura che io giudico “freschetta” – nulla da invidiare al mare ligure in luglio, per capirsi. E invece sono tutti a mollo da luglio a settembre, quando dentro e fuori fa lo stesso caldo allucinante.
Durante la sacrosanta lettura del giornale del weekend in spiaggia, mi sono accorta di due cose: primo, intorno a me suonavano ben tre radio diverse con musica contrastante che si annullava in un rumore di sottofondo, che quasi copriva le prime matkot della stagione. E poi, a pagina 12 di Haaretz è tornato Sayed Kashua.
Non sono sempre daccordo con quello che scrive – questa volta per esempio, sul terremoto in Nepal imputa alla tv israeliana di essersi occupata solo di israeliani, soldati eroi e medici, genitori di generi assortiti con neonati nati da uteri in affitto da rimpatriare d’urgenza, e un giovane disperso: e non è vero, tutti i mezzi di informazione hanno dato peso al dolore e ai drammi del Nepal ancora molto pre-ricostruzione.
Però è buon segno che sia ritornato, spero adesso ogni settimana, a raccontarci con ironia i nostri difetti e pregi, e le nostre idiosincrasie israeliane, lui palestinese che in Israele ha studiato e conosce l’ebraico e la società israeliana meglio di qualunque nuovo immigrato come me.

Daniela Fubini, Tel Aviv twitter @d_fubini

(4 maggio 2015)