Israele, Bibi-Bennett, trattativa ad oltranza
L’annuncio del leader di Israel Beytenu Avigdor Lieberman di voler sedere all’opposizione del nuovo esecutivo apre un’ulteriore fase di incertezza nella formazione della squadra di governo che governerà il paese per i prossimi quattro anni. Entro la giornata di giovedì il primo ministro Benjamin Netanyahu, cui il capo dello Stato Reuven Rivlin ha affidato l’incarico, dovrà infatti riferire allo stesso sui risultati delle consultazioni. Alla luce dei nuovi equilibri che si sono venuti a creare, per Bibi diventa fondamentale una convergenza con il leader di Habayit HaYehudi Naftali Bennett così da ottenere la maggioranza (anche se risicata) di seggi in Parlamento: 61 su 120.
In caso contrario, se le trattative con Bennett (che dispone di otto seggi) non dovessero avere esito positivo, la situazione diventerebbe molto incerta. Tre i possibili scenari: Rivlin darà a Isaac Herzog, leader dell’Unione sionista, il mandato di formare un suo governo; Netanyahu e Herzog tenteranno di mettere insieme una coalizione di larghe intese: un risultato matematicamente realistico date le dimensioni di entrambi i partiti, ma delicato dal punto di vista politico; Rivlin deciderà di indire nuove elezioni, a poche settimane dalle precedenti.
Nelle ultime ore Netanyahu ha offerto a HaBayit HaYehudi i ministeri dell’Istruzione e della Diaspora (a Bennett stesso, che farebbe parte del gabinetto per la sicurezza interna); il controllo della Settlement Division, un’agenzia attualmente sotto il controllo dell’Ufficio del Primo Ministro responsabile degli insediamenti nella West Bank, ad Uri Ariel; il ministero della Cultura e dello Sport a Ayelet Shaked. Incluse nell’offerta anche la carica di viceministro della Difesa e la presidenza della Commissione per la Costituzione, la Legge e la Giustizia.
Bennett dal canto suo sta chiedendo che a Shaked venga piuttosto assegnato il ministero della Giustizia: obiettivo dichiarato è infatti quello di arrivare a un potenziamento dell’influenza della Knesset in campo giuridico a scapito della Corte Suprema. Obiettivo che va contro quelle che sono le prerogative di Netanyahu (che sembra puntare a tutt’altro) andando così a costituire un delicatissimo nodo. Un nodo ancora irrisolto.
(5 maggio 2015)