Il presidente UCEI alla Judische Allgemeine “L’accoglienza è una mitzvà”

judLe tragedie del mare e il fermo impegno dell’ebraismo italiano a presidio dei valori della solidarietà e della fratellanza. L’educazione all’accoglienza e al rispetto. Il dialogo, la sfida culturale e l’impegno per un’umanità più consapevole. Questi i temi dell’intervista che il presidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Renzo Gattegna ha rilasciato all’autorevole settimanale berlinese Juedische Allgemeine, considerato tra le testate ebraiche più autorevoli del mondo e tradizionalmente molto ascoltato dalla Cancelleria federale, che la riporta integralmente sulla sua prima pagina sotto il titolo “L’accoglienza è una mitzvà”.

Come reagisce la comunità ebraica italiana alle tragedie dei rifugiati nel Mediterraneo?
Una nuova tragedia del mare, a pochi chilometri dalle coste italiane. Sangue innocente, vite e speranze di libertà infrante. Viviamo questi avvenimenti con dolore e commozione nel ricordo delle vittime, sollecitando un impegno concreto affinché episodi analoghi non abbiano a ripetersi in futuro. Siamo inoltre inorriditi nei confronti di chi non perde l’occasione di speculare su questa tragedia riversando il proprio rancore xenofobo sui media e nell’opinione pubblica.
C’è un sentimento di vicinanza con il destino dei rifugiati sulla base dell’esperienza vissuta degli ebrei?
I tragici fatti di cronaca di questi mesi evocano, nei diversi scenari di crisi, un passato terribile che ha avuto negli ebrei le sue prime vittime. Ci sono forti analogie con altre tragedie del passato: ideologie di morte, un clima di terrore, intere comunità perseguitate in ragione della loro etnia e religione. Oggi come allora tutti i cittadini democratici sono chiamati a far sentire la loro voce e a non volgere lo sguardo altrove. L’indifferenza non è un’opzione contemplabile.
Esistono in Italia iniziative ebraiche per prendersi cura dei rifugiati?
Nel mondo ebraico l’accoglienza è un valore sacro e da sempre, nelle nostre Comunità, ci si adopera per venire incontro a chi è in condizioni di disagio. Penso ad esempio ad alcune recenti iniziative, come a Firenze, dove la Comunità ha aperto le porte di un proprio immobile per accogliere alcuni immigrati giunti dall’Africa. La solidarietà deve essere un imperativo categorico, specialmente in questo momento di crisi. E gli ottimi rapporti intrattenuti con alcune sperimentate realtà del mondo del volontariato sia religioso che laico che hanno grandi competenze sul tema fanno sì che si possano raggiungere risultati concreti.
Come si potrebbe fare per impedire queste tragedie?
Serve una maggiore incisività e una maggiore cooperazione tra gli Stati. Agire affinché la crisi libica possa trovare una soluzione e allo stesso tempo usare il pugno di ferro contro gli scafisti e le loro vergognose speculazioni sulla pelle di migliaia di innocenti. L’Italia non può essere lasciata da sola ad affrontare situazioni di questa portata e drammaticità.
Cosa dovrebbero fare, secondo Lei, i politici europei per impedire il ripetersi queste disgrazie?
Prendere consapevolezza che è una sfida che riguarda tutti quanti, nessuno escluso. Il Mar Mediterraneo è il mare d’Europa e una culla di civiltà. Esiste l’obbligo morale di impegnarsi affinché questi lutti non vengano più pianti e affinché la regione torni ad essere sicura.
L’Italia è il paese dell’Unione europea che riceve il maggior numero di rifugiati provenienti dall’Africa. Che effetto ha l’alto numero di rifugiati sulle comunità ebraiche?
Nessun effetto. Sono persone cui guardiamo con profondo rispetto ed empatia.
È necessario cambiare il diritto all’asilo, rendendolo meno difficoltoso?
È una strada possibile. Ma naturalmente devono essere i responsabili politici ad esprimersi con proposte e progettualità efficaci. Ricordiamoci però che sarebbe di grande aiuto applicare rigorosamente le norme che già esistono utilizzando le strutture in maniera snella ed efficace.
La congiuntura in Italia continua a non essere buona. E spesso crisi e tolleranza/apertura sono due temi che non vanno d’accordo. Con quali iniziative proprie o anche di concerto con altre organizzazioni religiose la Comunità ebraica italiana lavora per sviluppare il tema dell’accoglienza e del rispetto per l’altro?
In genere le iniziative del mondo ebraico, siano esse locali o nazionali, siano esse più squisitamente culturali o meno, sono finalizzate non solo a divulgare quelle che sono le caratteristiche peculiari di questa realtà ma anche i valori universali che la caratterizzano. In quest’ottica ad esempio i temi dell’integrazione e del dialogo sono al centro di vari progetti sviluppati nelle scuole italiane, grazie anche all’eccellente collaborazione instauratasi con il ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca Stefania Giannini in un percorso che parte dal Giorno della Memoria e si sviluppa lungo tutto l’anno. Eccellenti sono anche i rapporti con le altre realtà religiose e con i leader islamici moderati con cui non di rado organizziamo iniziative congiunte.
Di dialogo e integrazione si parla anche, con ricchezza di contenuti, in occasione dei tanti festival che si organizzano nelle diverse stagioni. Da Jewish and the City (Milano) al Balagan Cafè (Firenze), da Lech Lechà (Puglia) a Nessiah (Pisa) – per fare alcuni esempi. Per arrivare alla Giornata Europea della Cultura Ebraica, dedicata quest’anno al tema “ponti”, da intendersi in una prospettiva sia interna che esterna. Il mondo ebraico italiano è piccolo ma decisamente attivo e impegnato su questo fronte.

Daniel Mosseri

(5 maggio 2015)