Israele – I benefici (economici) della pace

Schermata 2015-06-09 alle 13.39.50La pace con i palestinesi può far crescere di almeno 5 punti percentuali il Pil di Israele. A dirlo, nel 2010, l’allora governatore della Banca centrale d’Israele Stanley Fischer, oggi vicepresidente della statunitense Federal Reserve. A confermare le considerazioni di Fischer arriva ora uno studio della Rand Corporation, think tank americano, secondo cui l’accordo di pace con la soluzione dei due Stati porterebbe nel corso di un decennio nelle casse israeliane 120 miliardi di dollari. 50 invece quelli che confluirebbero in quelle palestinesi, con un aumento del reddito medio pro-capite del 36 per cento. Il ritorno alla violenza invece, secondo i calcoli della Rand, porterebbe un danno all’economia israeliana quantificabile in 250 miliardi di dollari (nel calcolo sono valutati anche effetti indiretti) mentre il Pil pro-capite palestinese crollerebbe del 46 per cento.
“I nostri calcoli, che si basano su una valutazione molto attenta di tutti i fattori, dicono che se si arrivasse a una soluzione dei due Stati, nell’arco di un decennio Israele vedrebbe il Pil crescere di 23 miliardi dollari rispetto alle valutazioni odierne – ha dichiarato all’israeliano Yedioth Ahronoth Charles Ries, vicedirettore di Rand – Se si calcola l’aumento del reddito durante tutto il decennio preso in considerazione, si stima che la somma aumenterà di 123 miliardi di dollari”. Per Ries, questi due anni dedicati alla ricerca sono stati guidati dall’idea di dimostrare alle parti i costi e benefici economici della pace e del conflitto. “Ci sono in gioco utili considerevoli – dichiara il vicedirettore di Rand nonché responsabile dell’indagine – e le persone non capiscono quanto siano grandi”. Parlando con il Finacial Times, Ries ha indirettamente confermato le stime di cinque anni fa di Fischer. “In caso di accordo sui due Stati, in termini di Pil l’economia israeliana crescerebbe del 5 per cento mentre quella palestinese del 50 entro il 2024”, la valutazione di Ries.
L’indagine di Rand si basa sull’incrocio tra dati storici, informazioni pubbliche e interviste ad esperti e tra le questioni che tocca c’è anche il tema del boicottaggio. Secondo la ricerca, nel caso più estremo, il danno che Israele potrebbe subire dal movimento Bds internazionale nel corso dei prossimi dieci anni ammonta a 50 miliardi di dollari. Una somma considerevole, spiega il quotidiano economico Globes, ma che non avrà un grande impatto sul Pil israeliano: prendendo per buono la cifra più consistente legata al danno procurato dai movimenti Bds, il prodotto interno lordo subirebbe nel 2024 una diminuzione del 2 per cento rispetto a quello ottenuto senza il boicottaggio internazionale.
Tornando alla questione dei costi e benefici, critico rispetto alle considerazioni dell’indagine Manuel Trajtenberg, economista israeliano noto al pubblico per aver guidato la commissione voluta dal primo ministro Benjamin Netanyahu nel 2011, ideata per rispondere alle proteste contro il caro vita nel Paese. Trajtenberg oggi siede alla Knesset, nelle fila dei laburisti, e interrogato dal Jerusalem Post ha espresso le sue perplessità sulla ricerca del Rand, a cui ha rifiutato di partecipare. “È un errore pensare che questo tema (l’accordo per la pace tra israeliani e palestinesi, ndr) possa essere trattata come un equazione matematica da risolvere e poi attuare”. “Il denaro è infinitamente divisibile – il pensiero di Trajtenberg – è possibile avere soluzioni o offerte che possono essere risolte in termini di di più o di meno. Quando si tratta di diritti, la cosa è molto più difficile, perché una questione a somma zero, non ci sono compromessi”.

Daniel Reichel

(10 giugno 2015)